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giovedì 10 aprile 2014
di Unknown
sabato 5 aprile 2014
di Anonimo
Andrea Mastrovito alla GAMeC: il disegno che lega terra e cielo
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Anonimo
martedì 15 ottobre 2013
di Anonimo
Land of Prayer Alias di Gianfranco D'Alonzo
"Land of Prayer Alias", inaugurata lo scorso settembre nello Studio d'Arte Contemporanea Pino Casagrande, è una mostra che fa parte di un progetto articolato in diverse fasi di Gianfranco D'Alonzo.
Si tratta infatti, del secondo step di un lavoro che ha visto la sua origine sul web nel 2011, dove D'Alonzo aveva dedicato uno spazio alla sua arte e alla comunicazione. Il sito stesso ha il nome di Land of Prayer e vuole essere un punto di incontro per tante persone, una terra di conforto a seguito di un lungo viaggio, su cui riversare i proprio pensieri e stati d'animo.
Da questo lavoro sul web sono venuti a crearsi rapporti, scambi e collaborazioni che hanno poi permesso un'evoluzione del progetto stesso. La mostra è quindi la seconda parte di questo lavoro, in cui il prodotto della rete viene trasposto nello spazio fisico della galleria Casagrande.
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Anonimo
lunedì 8 luglio 2013
di Anonimo
La calcolata ironia di Martin Creed in giro per Roma
Martin Creed (Link foto) |
Vincitore
del Turner Prize del 2001, gli sono state dedicate numerose mostre nei musei di
tutto il mondo dalla Tate Britain al Moscow Museum of Modern Art e anche
oltreoceano al Museum of Contemporary Art di Chicago. Non poteva mancare una
tappa tutta italiana e infatti nel 2006 ha esposto alla Fondazione Trussardi di
Milano e in seguito a Roma sempre presso la galleria Lorcan O’Neill.
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mercoledì 26 giugno 2013
di Unknown
Intervista | Oblivion, il pianeta della "dimenticanza"
Si è conclusa domenica scorsa la mostra Oblivion, presso l'Alviani ArtSpace, lo spazio espositivo nel cuore dell'AURUM di Pescara, accessibile solo e grazie ad un tunnel, opera site specific realizzata dal maestro dell'optical art Getulio Alviani.
Ancora una volta, la scelta espositiva di Lucia Zappacosta, direttrice dello spazio, ha regalato all'opera di Alviani una nuova identità.
Ricordate l'ammirazione del Piccolo Principe quando approda sul pianeta del lampionaio che non fa altro che accendere e spegnere ogni minuto il suo lampione, nella solitudine dello spazio che lo accoglie? La stessa ammirazione e la stessa poesia l'ho provata viaggiando nel pianeta Oblivion: un'immersione totale in un piccolo ambiente fatto di buio denso e proiezioni luminose. Un pianeta abitato non da un unico lampionaio ma da un collettivo di tre artisti che accolgono i viaggiatori con le loro tre installazioni.
La mostra, a cura di Sibilla Panerai, ha ridisegnato completamente lo spazio dell'Alviani ArtSpace, immergendo il visitatore in una dimensione altra, in cui suono, luce e materia dialogano fra loro con fare poeticamente minimal. Il pianeta Oblivion ha coordinate totalmente nuove.
La mostra, a cura di Sibilla Panerai, ha ridisegnato completamente lo spazio dell'Alviani ArtSpace, immergendo il visitatore in una dimensione altra, in cui suono, luce e materia dialogano fra loro con fare poeticamente minimal. Il pianeta Oblivion ha coordinate totalmente nuove.
Luce: intrappolata, evanescente, psichedelica, appare e scompare in un gioco continuo di verticali e orizzontali sospese a mezz'aria, proiezioni concentriche e perpendicolari.
Materia: quasi invisibile, è pelle che cattura i giochi di luce, è parete labirintica consumata dal tempo, un fossile in cui il buio si scompone per lasciar spazio a rose luminose.
Suono: un battibecco altalenante che narra la composizione e scomposizione di materia e luce, grazie alla bravura di un violinista classico ma non troppo (Luca D'Alberto) e un chitarrista dell'underground (Pierluigi Filipponi).
Per spiegarvi meglio il progetto abbiamo intervistato il collettivo formato da Giustino Di Gregorio, Manuela Cappucci e Claudio Pilotti, i tre artisti che intrecciando i loro percorsi, le loro ricerche, sensazioni e emozioni ci guidano verso lo stato sperduto della "dimenticanza".
Giustino Di Gregorio, Manuela Cappucci, Claudio Pilotti |
Servizio video a cura di blarco.com
Fotografie: Giustino Di Gregorio, Peter Ranalli
Per maggiori info vi rimando alla Pagina Facebook di Oblivion
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giovedì 14 febbraio 2013
di Unknown
VideoPost | Dai sistemi di classificazione scientifica alla micologia visionaria di Salvatore Arancio
Presso la Federico Schiavo Gallery (Roma) è in corso una mostra che indaga in maniera inedita il mondo della micologia e più in generale dei sistemi di classificazione scientifica. Ma l'artista in questione, Salvatore Arancio, con questa mostra intitolata The Little Man of the Forest With the Big Hat, va oltre l'apparenza e ne fa trasparire, mediante giochi scultorei e composizioni ardite, i risvolti inaspettatamente folli, maniacali e visionari.
La mostra ruota attorno all'omonima installazione scultorea, progettata e realizzata dall'artista nel 2012 a Faenza, in occasione della residenza presso il Museo Carlo Zauli. Ceramiche in bianco e nero lucente riproducono le forme di insoliti funghi velenosi, che ritroviamo anche in illustrazioni di schede di classificazione rubate dai libri di micologia.
La mostra ruota attorno all'omonima installazione scultorea, progettata e realizzata dall'artista nel 2012 a Faenza, in occasione della residenza presso il Museo Carlo Zauli. Ceramiche in bianco e nero lucente riproducono le forme di insoliti funghi velenosi, che ritroviamo anche in illustrazioni di schede di classificazione rubate dai libri di micologia.
La manipolazione e la distorsione di forme e catalogazioni precise inducono la ricerca verso l'altra faccia della medaglia, dove la rigida classificazione dilaga in volontà maniacale. Stessa ambivalenza si rintraccia nelle proprietà benefiche e allucinogene del fungo.
Salvatore Arancio presenta anche un video, Bird, girato in Super 8 all'interno del Museo di Zoologia di Bologna. L'indagine qui si concentra sulle collezioni ornitologiche, in particolare quella della prima metà del secolo di Zaifagnini- Bertocchi. Alla manipolazione scultorea si sostituisce la manipolazione della ripresa lenta e ambigua, che ancora una volta mostra al fruitore l'aspetto più visionario insito nella nel rigore dell'azione catalogatrice. Ruolo fondamentale in questo senso è dato anche al suono che accompagna il film, Expo 70, progetto musicale di culto di Kansas City.
S. Arancio, Bird, 2012, looped video for projection, ( photo by Giorgio Benni, courtesy Federica Schiavo Gallery, Roma) |
S. Arancio, View of The Little Man of the forest with the big hat, 2013 mixed media, installation view, ( photo by Giorgio Benni, courtesy Federica Schiavo Gallery, Roma) |
Nella terza ed ultima sala le relazioni natura/scienza si palesano più chiaramente, tramite giochi illustrativi e l'esposizione di una nuova scultura, realizzata durante una residenza d'artista presso l'European Ceramic Workcentre di 's-Hertogenbosch (Paesi Bassi).
Mostra da non perdere, in corso fino al 16 marzo.
Nel frattempo eccovi un video
Per maggiori info Federica Schiavo Gallery
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Unknown
lunedì 26 novembre 2012
di Unknown
NewArt | Federica Di Carlo, la vita in un'unica immagine
Premessa: nel momento in cui mi è arrivata l'email di Federica per la nostra selezione New Art, il suo nome mi rimbombava in testa, sicura di averlo già sentito altrove. Quando le immagini del suo lavoro mi sono apparse sul pc ho capito. Come vi ho già svelato, ho un taccuino in cui annoto i nomi degli artisti che "Bum!" a primo impatto e senza troppi giri di parole e concetti astrusi, mi colpiscono e su cui vorrei scrivere un giorno almeno un post. Ebbene Federica Di Carlo era già in cima alla mia lista, quindi sono davvero felice oggi di presentarvi il suo lavoro, ma andiamo con ordine...
Federica Di Carlo è una giovane artista dalla creatività poliedrica, utilizza i linguaggi dell'arte contemporanea con intelligenza e senza farsi ingannare troppo dalla sperimentazione e dalle sue forme falsamente accattivanti.
F. Di Carlo, Test d'identità, installazione, 2010 |
Tramite la pittura indaga temi e soggetti importanti, restituendoci visioni poetiche della vita. Pose poco convenzionali ma molto naturali, in cui il colore a macchia ha un peso e un significato non casuale, spesso portatore di messaggi dell'anima. Test d'identità è un'installazione che racconta i sentimenti che s'intrecciano bruscamente o s'insinuano pacatamente nel corso naturale della vita. Le donne dipinte da Federica hanno la dolcezza, il timore del mondo e l'incertezza del futuro tutto in uno sguardo. Ma è anche e soprattutto uno studio sul corpo, le sue trasformazioni e la sua fragile bellezza.
F. Di Carlo, Stream of Consciousness, installazione, 2012 |
L'installazione Stream of Consciousness è un vortice cinetico dall'andamento casuale ma dipendente dal passo e dallo sguardo di chi vi gira attorno. Si tratta di una scultura circolare percorsa da un fascio di luce e da tante piccole e leggerissime forme cartacee, con l'immagine di una carpa ricavata da un antico timbro, scovato da Federica a New York. Il tutto viene continuamente deformato e ripetuto da uno specchio posto alla base. E' un'indagine moto-visiva degli istanti creativi, quelli che si susseguono e accavallano caoticamente nel tempo che genera creazioni artistiche. E' il caotico mondo delle idee che prendono una direzione nella mente, sviandola e contraddicendola di continuo.
F. Di Carlo, Stream of Consciousness, installazione, 2012 |
La sua installazione-performance I saltatori è un racconto umano, ibrido di storia, memoria e tempo, quello in cui i ricordi delle persone care si relegano al sicuro e nel contempo si scrollano di dosso. Un salto su un prato di papaveri, immagine di tomba e di rinascita. Federica stessa rivela:
"Ho scelto il papavero sia per il suo colore forte e deciso, sia perché nella simbologia assume la valenza di veleno che provoca intossicazione ma allo stesso tempo se usato in dosi ridotte possiede forti proprietà medicinali. Inoltre il papavero è associato al simbolo del potere. L'idea era riunire in uno stesso simbolo il virus e la cura. La morte e l'assimilazione di essa".
E' un'inedita visione del lutto, una visione intima, sicuramente autobiografica ma che riflette l'idea universale della morte e scandisce un tempo di metabolizzazione differenziato per ognuno di noi.
F. Di Carlo, I saltatori, installazione, 2011 |
La forza di quest'artista è tutta nel suo saper indagare e sintetizzare in una sola immagine sia l'io che il noi. E' nella capacità di saper cogliere gli istanti profondi e i temi importanti della vita, per restituirceli con sensibilità e chiarezza. E' nella volontà di prestarsi all'ascolto del respiro del mondo, per decifrarne il mistero... semplicemente.
Per saperne di più vi rimando al suo sito
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Federica Di Carlo è nata a Roma nel 1984. Dopo aver studiato presso l'Accademia di Belle Arti della sua citta' e di Bologna, ha vissuto a Barcellona e a Londra dove ha frequentato diversi corsi di perfezionamento ed è entrata in contatto con artisti internazionali. Una delle sue ultime esperienze è stata a Salisburgo con l'artista americana Judy Fox, per affinare le tecniche scultoree.
Ospite di numerose collettive in Italia e all'estero, ha suscitato grande interesse da parte di pubblico e critica. Tra le sue ultime esposizioni "Fabula in art" presso i musei di San Salvatore in Lauro, con la collaborazione di: Arushi Art New Delhi India, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, Riso Museo d'Arte Contemporanea della Sicilia, dove in occasione di Fabula in Art III ha esposto assieme a grandi artisti come: Shirin Neshat, Patrick Guerresi Maimouna, MimmoPaladino et al. Nella stessa occasione la sua opera è stata battuta all'asta dalla CHRISTIE'S.
I Saltatori è stata una mostra a cura di Valentina Bernabei (curatrice e giornalista per flashart) presso la Casa Internazionale delle Donne.
"Stream of consciousness", presso la galleria IPSAR di Roma, è stata curata da Chiara Natali con una presentazione della curatrice del contemporaneo della Galleria nazionale d'arte moderna di Roma, Angelandreina Rorro.
Appena rientrata nella sua città, dopo un paio d'anni vissuti a Barcellona, Federica è stata notata proprio dalla Rorro in occasione della mostra presso la Casa internazionale delle donne.
Di recente è stata tra i vincitori del prestigioso concorso Como Contemporary Contest 2012.
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Unknown
domenica 4 novembre 2012
di Unknown
Mimmo Paladino e la sua croce gigante a Firenze
Firenze affascina ogni volta che i suoi tesori del passato si affacciano sui sagrati e sulle piazze. Stupisce quando il contemporaneo piomba all'improvviso e la rende più accattivante che mai.
(photo ANSA) |
Da ieri non si fa che parlare della grande installazione di Mimmo Paladino in Piazza Santa Croce, ideata e realizzata in occasione di Florens 2012. Un simbolo reinventato in pieno stile paladiniano. Non una croce che relega l'uomo alla sola contemplazione, ma un percorso vero e proprio. Un cammino tra rocce di marmo di Carrara fortemente legate alla cultura che in tutti gli angoli della città si respira ancora. Un'inusuale interazione nasce dalla praticabilità dell'opera e dai rapporti spaziali che si combinano di volta in volta. Inoltre il passante può lasciare la propria impronta nei grandi blocchi, così l'opera si completa man mano, grazie a chi decide di viverla. Una croce sotto il cielo che fa da pendant ai tre crocifissi lignei di Donatello, Michelangelo e Brunelleschi, che per l'occasione sono esposti nel Battistero.
Un dialogo tra antico e contemporaneo che resterà visibile per la durata di Florens, fino all'11 novembre.
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Unknown
lunedì 15 ottobre 2012
di Unknown
Arcangelo Sassolino e Francis Bacon alla Strozzina
Arcangelo Sassolino da sempre crea installazioni in cui i principi della meccanica spingono all'estremo le forze, approdando all'inevitabile rottura delle cose, o quasi.
Nelle sue installazioni ci sono i tempi lunghi dell'attesa e il brivido dell'istante decisivo. Uno dei suoi ultimi lavori, intitolato Elisa, è composto da strani escavatori assemblati e mossi casualmente in una danza meccanica e minacciosa sull'asfalto. Al tempo si aggiunge il suono stridulo della rovina. Quest'opera, insieme ai suoi precedenti lavori, riflette sulla caducità delle cose.
Arcangelo Sassolino, Elisa |
E' per questo che Arcangelo Sassolino è tra gli artisti selezionati alla Strozzina di Firenze per la mostra Francis Bacon e la condizione esistenziale nell’arte contemporanea (5 ottobre 2012-27 gennaio 2013), a cura di Franziska Nori e Barbara Dawson, rispettivamente direttore della Strozzina e direttore della Dublin City Gallery The Hugh Lane.
Partendo da un nucleo di dipinti di Bacon, la mostra espone le opere di 5 artisti internazionali da sempre interessati alla riflessione sulla condizione dell'uomo e la sua precarietà fisica ed esistenziale.
Sassolino per l'occasione ha portato a Firenze un'altra delle sue ingegneristiche installazioni scricchiolanti. E' un pistone con delle funi posto in mezzo ad un corridoio. L'artista, ancora una volta, forza la materia al limite estremo delle sue possibilità.
Oltre a Sassolino sono presenti opere di Nathalie Djurberg, Adrian Ghenie, Chiharu Shiota, Annegret Soltau.
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giovedì 4 ottobre 2012
di Unknown
Erwin Wurm e la manipolazione del reale attraverso semplice e sano humor
Improbabili punti di ancoraggio, case ciccione o esageratamente slim, macchine obese, strani maglioni che nascondono forme in espansione, teste e mani talmente curiose da perdersi nei corpi altrui, forme e volumi pompati e sgonfiati come fossero palloncini ad elio, tir che prendono una brutta piega...Erwin Wurm gioca con la fantasia non solo platonicamente.
Erwin Wurm, Fat House |
Erwin Wurm, Camion |
E' come se, durante il processo creativo, l'artista austriaco fosse colto da attacchi schizofrenici che all'improvviso lo spingono verso variazioni destabilizzanti. In tutta la sua produzione si nasconde un'azione non ordinaria che ha un tempo sia perenne che istantaneo. Una casa in bilico sul tetto di un palazzo, bloccata ma che sta per schiantarsi al suolo. Corpi su muri agganciati come quadri che da un momento all'altro cadranno. Abbinamenti inaspettati e dimensioni relative si combinano di volta in volta.
Rewin Wurm, House Attack |
One Minute Sculptures, questa la definizione dei suoi lavori, a metà tra sculture temporanee e installazioni precarie immortalate dal mezzo fotografico, affrontano di petto la realtà e, servendosi di oggetti d'uso quotidiano e familiari, la stravolgono attraverso un unico media: sano e semplice humor.
Erwin Wurm, one minute sculpture |
Consiglio: divertitevi a cercare altre foto dei suoi lavori sul web. Se poi avete voglia di trovarvi faccia a faccia con i lavori di Wurm, sappiate che sono parte di prestigiose collezioni. In Italia, ad esempio, lo troviamo nella Collezione del Centro per l'Arte Contemporanea Pecci di Prato.
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venerdì 24 giugno 2011
di Unknown
VideoPost | Haroon Mirza il compositore dell'arte
H. Mirza (foto Vogue Italia) |
Haroon Mirza compone opere in cui forza e fragilità, silenzio e rumore, assenza e presenza, si combinano tra loro in maniera inaspettata ed apparentemente elementare, in realtà il suo è un gioco sofisticato e calibrato in ogni punto, fatto di coincidenze pianificate e moti concatenati.
Il background alle spalle dell'artista inglese è eclettico ed ampio. Dall'elettronica alle avanguardie del classico passando per il jazz.
I suoi lavori sono stati classificati nel 2008 dal NY Arts Magazine come "manipolazioni musicali".
Componimenti fisici in cui ogni suono è generato da un oggetto apparentemente non musicale. Una sorta di ready made sonoro visivo, ma anche un assemblage di oggetti dell'elettronica nuovi o obsoleti.
Componimenti fisici in cui ogni suono è generato da un oggetto apparentemente non musicale. Una sorta di ready made sonoro visivo, ma anche un assemblage di oggetti dell'elettronica nuovi o obsoleti.
Alla Biennale d'arte in corso a Venezia, il suo Leone d'Argento come miglior artista promettente ha messo tutti d'accordo.
In quel di Venezia ha presentato due installazioni elettroniche: la prima, nel Padiglione Centrale ai Giardini, all'interno dell'angusto e stellare "parapadiglione" ideato da Monica Sosnowska; la seconda nella sua camera anecoica presso le Corderie dell'Arsenale intitolato "The National Apavilion of Then & Now".
Eccovi il video:
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venerdì 3 giugno 2011
di Unknown
Carsten Holler è il vincitore dell'Enel Contemporanea Award
Mentre il mondo dell'arte contemporanea si accende a Venezia con le "ILLUMInazioni" della Biennale, L'Enel si illumina con le due giostre di Carsten Holler, vincitore dell'Enel Contemporanea Award.
Riunitasi il 2 giugno in Laguna, in concomitanza con la vernice della 54. Esposizione Internazionale d'Arte - di cui Enel è Main Sponsor, la giuria del premio ha decretato il vincitore fra tre artisti di fama internazionale - oltre a Carsten Holler (Belgio), hanno concorso anche Bruce Mau (Canada) e Paola Pivi (Italia).
"Double Carousel with Zollner Stripes", questo il titolo dell'opera, sarà esposta nel prossimo autunno al Macro di Roma.
Due giostre dalle luci multicolore saranno azionate per creare un moto rotatorio antiorario e a rallenty, mentre sulle pareti disegni geometrici in bianco e nero disturberanno la vista.
I visitatori potranno salire sulla scultura ludica e farsi rapire il corpo e lo sguardo dal moto e dagli effetti ottici destabilizzanti.
Il premio, giunto alla sua quinta edizione, ci aveva già affascinato con il battito d'ali sottovuoto del duo Bik Van der Pol, vincitore dello scorso anno.
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martedì 24 maggio 2011
di Unknown
Jan Fabre e la sua Pietà macabra a Venezia
J. Fabre, Sogno compassionevole, 2011 (foto da www.kataweb.it) |
Già fa discutere l'opera "Sogno compassionevole" presentata dal fiammingo Jan Fabre, una versione della Pietà Michelangiolesca conturbante e macabra ma secondo l'artista "affatto blasfema".
La vergine, il cui volto è raffigurato da un teschio, stringe tra le braccia non un Cristo morto ma il corpo dell'artista stesso, in abito da sera e in stato di decomposizione, attaccato da farfalle, insetti e scarabei. Con una mano sorregge un viscido cervello in puro marmo di Carrara.
J. Fabre, Sogno compassionevole, 2011 (foto da www.kataweb.it) |
L'opera è visibile presso la Scuola Grande della Misericordia a Venezia ed è parte di una grande installazione composta da altre cinque sculture tra cui cervelli ingranditi sormontati da tartarughe rovesciate, alberi bonsai e croci. Il tutto posto su un'aurea pedana su cui è possibile salire solo in pantofole.
L'opera è stata presentata in anteprima e fa parte delle mostre collaterali alla 54. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale.
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domenica 22 maggio 2011
di Unknown
Conto "salato" per la Montagna di Mimmo Paladino
i cavalli danneggiati (da "La Repubblica") |
Ricordate i festeggiamenti dei tifosi milanisti in Piazza Duomo a Milano all'indomani della vittoria dello scudetto? In precedenza ne avevamo già parlato (clicca qui).
Erano andati un po' oltre il dovuto ed era finita che l'installazione intitolata "La Montagna di Sale" di Mimmo Paladino ci aveva rimesso i cavalli.
I dirigenti del Milan fin da subito erano ricorsi ai ripari assumendosi le responsabilità e offrendo piena disponibilità a pagare il conto.
Come riportato da "Il Corriere della Sera" e da "La Repubblica", oggi il conto per il restauro è arrivato ed ammonta a 150mila euro, la metà del budget utilizzato per l'allestimento iniziale. I cavalli da sostituire sono in tutto 8 e le 150 tonnellate di sale vanno tolte e rimesse.
Adriano Galliani può considerarsi fortunato, visto che l'artista non ha richiesto nessun ulteriore risarcimento personale, altrimenti il conto sarebbe stato molto più "salato".
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di Unknown
Strani Abi-Tanti in Piazza Duomo. E' il Milano Green Festival
Dove eravate tra le 10.00 e le 18.30 di ieri, sabato 21 maggio?
Per chi di voi era a Milano, speriamo abbia preso parte all'evento organizzato nell'ambito del Milano Green Festival in Piazza Duomo, grazie al supporto di CONAI, Consorzio nazionale per il recupero e il riciclo degli imballaggi,.
La piazza è stata letteralmente invasa da “ABI-TANTI. La moltitudine migrante”, un'installazione del Dipartimento Educazione di Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea.
6.000 ABI-TANTI, piccoli esseri costruiti con materiali di riciclo, hanno sostato in piazza fin dal mattino, altri 500 ne sono stati costruiti nel corso della giornata coinvolgendo grandi e piccini.
Un gioco per sensibilizzare la collettività ad un'estetica della sostenibilità, attraverso un tipo di arte a portata di tutti e basata sulla sperimentazione di materiali ecocompatibili.
I 6000 ABI-TANTI già pronti per l'installazione erano il frutto dell'interazione con Genova, Rivoli, Trento, Torino, Grenoble, Napoli, Alessandria, Reggio Emilia e Rimini.
Se ve la siete persa o se volete essere anche voi un po' più green, sappiate che il Milano Green Festival dura tutto l'anno con molteplici iniziative ed appuntamenti. Per maggiori informazioni vi rimandiamo al sito del Festival.
(Belle foto dell'evento sul sito di Repubblica)
sabato 21 maggio 2011
di Unknown
I 9 artisti italiani selezionati da Bice Curriger
Abbiamo sbirciato per voi nei curricula di questi artisti nostrani e per ognuno abbiamo selezionato almeno un buon motivo per cui vale la pena andarli a vedere a Venezia. Cominciamo!
E' stato allievo di Ilia Kabakov (già questo è un buon motivo) ma soprattutto, vale la pena vederlo, perché i suoi lavori balzano sempre oltre i limiti, situandosi ad una distanza minima, ma invalicabile, dalla realtà.
Perché ogni suo video è una ministoria intrisa di forza simbolica, in cui attualità e memoria, tecnologia e fantasia si combinano grazie all'intensità del ritmo narrativo.
Perché quest'artista non si arrende mai all'idea di Arte come puro gene impazzito e di volta in volta imposta la sua vivace ricerca artistica affiancando all'arte la scienza, la filosofia, la letteratura.
Perché quest'artista approccia alla scultura in maniera davvero singolare. Tra installazione e performance, la sua arte è stata spesso definita "aggressiva" ma anche "liberatoria".
Per la sua forza innovatrice, sempre impegnato in un gioco continuo, in cui il visitatore è continuamente messo in crisi dalle suggestioni virtuali e da manipolazioni spaziali.
Perché è una sorta di archeologo del contemporaneo, sia nel reperimento dei materiali e oggetti che utilizza, sia nell'analisi e lettura a cui l'opera invita.
Perché è stato uno dei più influenti fotografi europei e nei suoi paesaggi sospesi, in bilico tra realtà e visione metafisica, l'uomo si perde e nel contempo si trova accolto come in un grembo materno.
Perché è un'artista che attraverso il disegno, la pittura, la performance e il video indaga nel quotidiano attraverso resti e azioni sempre apparentemente innocue ma in realtà di forte impatto emotivo, mettendo in luce la contraddittorietà moderna e amara dell'uomo.
Perché nei suoi lavori, dalle fotografie ai video, dal cinema alle installazioni, pone maniacale attenzione alla luce, trasformando luoghi, spazi e figure in vere e proprie epifanie, il tutto intriso di accenti autobiografici.
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mercoledì 18 maggio 2011
di Unknown
Alla Biennale di Venezia di Sgarbi, Luca Vitone dice no. Chapeau!
L. Vitone |
Nel 1988 Luca Vitone, presso la Galleria Pinta a Genova, dispone sul pavimento una planimetria della galleria stessa. Qualche anno più tardi a Palazzo Mediceo di Seravezza, in occasione della mostra "Agire il mondo", si serve di depliant turistici del luogo per la sua installazione.
Solo alcuni esempi per dimostrare come l'artista in questione abbia sempre posto al centro della sua ricerca un complesso rapporto tra il luogo e l'opera.
Ed è questo uno dei motivi che oggi lo ha spinto a rifiutare l'invito alla Biennale di Venezia.
Luca Vitone ha inviato una lettera in cui rinuncia a partecipare al Padiglione Italia della 54. Esposizione Internazionale d'Arte, in programma dal 4 giugno al 27 novembre 2011.
Infatti nella lettera dell'artista genovese si legge:
"Spedire un pacco insomma senza sapere che tipo di spazio è stato destinato al mio lavoro, senza aver avuto la possibilità di fare un sopralluogo e di conseguenza decidere l'opera da esporre, per una mostra che si inaugura il primo giugno. Ça va sans dire che non sono queste le modalità di lavoro consone a un'istituzione di tale importanza"
Vitone dice la sua anche sul metodo "acritico" con cui gli artisti sono stati scelti e dichiara:
"Vittorio Sgarbi nell'allegato che conteneva la mia lettera di invito afferma che il coinvolgimento di tante persone nella scelta degli artisti da invitare muove dal desiderio di non cedere alla tentazione di una scelta arbitraria, in questo senso e senza alcun intento polemico, vorrei rilevare che l'arte contemporanea per il fatto di non avere subito alcuna selezione dal tempo, dalla Storia, richiede un criterio selettivo altamente professionale che implica il rischio dell'errore, l'assunzione della responsabilità dell'arbitrio, conditio sine qua non per la qualifica di critico, curatore, storico dell'arte contemporanea"Chapeau per Luca Vitone!
Rinunciare ad un'esposizione fondamentale per la carriera di qualsiasi artista, come la Biennale, è indice di grande rispetto e seria passione nei confronti dell'arte.
(Per la lettera in versione integrale clicca qui.)
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giovedì 31 marzo 2011
di Unknown
Nam June Paik "Il Rembrandt del video"
Entrambe le mostre hanno reso conto dell’attività di Nam June Paik.
I fortunati visitatori della mostra britannica hanno avuto l'opportunità di ammirare circa 90 opere appartenenti a tutte le fasi della carriera artistica di Paik, molte delle quali inedite ed esposte per la prima volta nel Regno Unito, accanto ad una ricca selezione di materiale documentario relativo ad alcune sue performance.
All'Auditorium romano, nonostante il numero esiguo delle opere presentate, lo spirito eccentrico e poliedrico dell'artista è stato comunque messo in risalto.
La prima installazione è “Cage in Cage” del 1989, una gabbia per uccelli in cui l’artista ha inserito un piccolo schermo che trasmette una performance di Cage in una strada di New York nei primi anni ’70 con l’aggiunta del sonoro di uno spot pubblicitario nord coreano. Il risultato è un mix di media differenti che riconduce ad un mix culturale.
N. J. Paik, Homage to Pitagoras |
“Homage to Pitagoras” gioca anch’esso su effetti visivo sonori imbastiti tramite schermi montati e assemblati che alludono esplicitamente all’antico teorema.
N. J. Paik, Candle TV- Buddha |
Come contraltare alla Babele di video e suoni delle due installazioni precedenti, la silenziosa “Candle TV- Buddha” del 1990, in cui del caos mediatico e culturale sopravvive solo l’involucro superficiale di una televisione, contenente una candela accesa e la statua di un Buddha in meditazione. A completare la mostra anche una serie di fotografie in bianco e nero su alcune performance dell’artista.
Ma chi è Nam June Paik?
Nato a Seoul nel 1932 e morto a Miami nel 2006, artista ma anche musicista, si laurea a Stockhausen e si specializza in Germania studiando con Arnold Schonberg.
Profondamente coinvolto dal mezzo tecnologico della tv, è considerato il padre della video arte, data la sua pionieristica capacità di trasformare il linguaggio tecnologico in espressione artistica, tant’è che è stato definito dalla critica "Il Rembrandt del video".
Il suo primo intervento consiste nell’avvicinare una calamita al tubo catodico modificando il circuito orizzontale e verticale di modulazione, determinando una serie di distorsioni dell’immagine, forme, colori e suoni, movimento e tempo fino a risolverle in una decostruzione totale tendente all’astratto. Testimonianza emblematica di tale procedimento rimane “Magnet TV” del 1965.
Paik è stato anche il primo ad usare nel 1965 la telecamera portatile per la registrazione dal vivo, la portapack Sony Av 3400, appena apparsa in commercio, con cui realizza “Cafè Gogò” e “Bleecker Street”: videotape che registra non un evento artistico ma un evento banale collaterale e in secondo piano rispetto ad un evento storico (il traffico della Fifth Avenue a New York il giorno della visita di Paolo VI), riproposto la sera stessa in un ritrovo artistico. Un evento qualunque, modificato e reso artistico dal luogo in cui è presentato. Medesimo excursus del ready-made alla Duchamp!
Paik tramite la manipolazione ossessiva del segnale elettronico delle trasmissioni e delle registrazioni, creando videosculture e videoinstallazioni, dà vita ad una nuova era dell'arte, d'altronde lui stesso affermava:
“Come la tecnica del collage ha rimpiazzato la pittura a olio, allo stesso modo il tubo a raggi catodici rimpiazzerà la tela. Un giorno gli artisti lavoreranno con i condensatori, le resistenze, i semiconduttori come oggi lavorano con i pennelli, i violini e materiali vari”
Le notizie relative alla biografia e tecniche dell’artista sono tratte da S. Bordini (a cura di), Arte contemporanea e tecniche, materiali procedimenti, sperimentazioni, Carocci editore, Roma 2007.