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sabato 31 agosto 2013

di Unknown

A Brooklyn arriva "Lei", una scultura da 6 tonnellate


Ona, installata presso il Barclays Center di Brooklyn
(Link foto, The New York Times)

L'arte a New York siamo abituati a vederla a Manhattan, ma qualcosa sta cambiando. 
Anche Brooklyn comincia a muovere i suoi primi passi e lo fa con le sculture en plein air, delle quali i cittadini sono visivamente costretti a fruire.
L'ultima è piombata come un meteorite improvviso dinanzi al Barclays Center, un palazzetto dello sport di New York in quel di Brooklyn.

Poco prima della mezzanotte del 29 agosto, un camion si è fermato di fronte al Barclays Centre con un unico collo da 6000 chili. Una scultura in bronzo dell'artista Ursula von Rydingsvard intitolata Ona, che significa "lei" in polacco.

sabato 8 giugno 2013

di Unknown

Louise Nevelson a Palazzo Sciarra, mostra da non perdere per grandi e piccini

Louise Nevelson, foto scattata da Robert Mapplethorpe

Louise Nevelson aveva le idee chiare fin da bambina, da quando in una biblioteca di Rockland, nel Maine, chiesero a lei a alla sua amica cosa sarebbero volute diventare da grandi. Blanche rispose che sarebbe diventata una contabile. La piccola Louise, senza titubanza alcuna, rispose:
 "Sarò un artista, anzi no, sarò uno scultore perché non voglio essere aiutata dal colore"
Louise, alla nascita Leah Berliawsky,  è diventata una scultrice, anzi la madame della scultura della seconda metà del '900. Infaticabile sperimentatrice, votata all'arte in toto, anche nei momenti più bui della sua vita, sarà sempre l'arte la sua migliore amica.

Decisa a non sposarsi, si sposò invece subito dopo aver incontrato Charles Nevelson, matrimonio accettato più per convenienza che per amore, interrotto dopo anni perché più che un marito Charles fu per lei una sorta di socio e lei non aveva bisogno di una società. Dal matrimonio ebbe il suo primo ed unico figlio, Mike.

Indipendente, libera, forte tanto quanto fragile, Louise fu presa a modello anche da esponenti del movimento femminista degli anni '70. Basti pensare che Judy Chicago inserì il suo nome tra quelli delle donne ricordate nella sua installazione The Dinner Party (1974-1979).

Ma Louise Nevelson non sentì mai l'esigenza di proclamarsi femminista, lei fu la liberazione della donna, così, naturalmente. Si sentiva talmente donna e talmente libera da non dover portare i pantaloni. Molto probabilmente fu merito del padre, Isaak Berliawsky, che all'inizio del '900 tenne alla formazione scolastica e culturale per tutti i suoi figli, indifferentemente dal sesso. Più che di femminismo, a cui tra l'altro la critica spesso rimanda, per Nevelson è bene parlare di sensibilità femminile. Sensibilità tutta palesata nel suo modo di lavorare e di interpretare, attraverso il gioco dell'assemblaggio, l'oggetto prelevato dalla vita quotidiana, spesso dall'ambito domestico, salvandolo così dall'oblio.

Le opere di Louise Nevelson, scultrice statunitense ma di origine ucraina, saranno esposte fino al 21 luglio  nella mostra organizzata da Fondazione Roma-Arte-Musei, presso Palazzo Sciarra. Una mostra che racchiude opere dagli anni '30 agli anni '80, corredata da un corpus fotografico che racconta le vicende e il carattere dell'artista. 

L. Nevelson, Homage to the Universe, 1968

Dai piccoli scrigni alle grandi pareti, dalle sculture da tavolo a quelle dall'andamento verticale, tutti i suoi lavori, come castelli, ci raccontano un mondo fatto di ricordi intimi e collettivi, ma anche storie di oggetti in bilico tra passato e presente. Dal nero al bianco e dal bianco all'oro, dai muri alle porte, dai totem alle sculture libere nello spazio, dal piccolo al grande... in tutte le sue sculture/installazioni, la fantasia accumulatrice, l'istintiva capacità compositiva e la poetica dell'assemblaggio inscrivono un percorso ricco di rimandi ed echi.

Mostra da non perdere e per i più piccini non dimenticate gli appuntamenti organizzati da Fondazione Roma-Arte-Musei WorkInProject (qui trovate tutte le info), un modo divertente per avvicinare i bambini al mondo dell'arte contemporanea.

Totem di famiglia, didattica per mostra Louise Nevelson
(Link foto)
Per tutte le altre info sulla mostra clicca qui
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giovedì 4 aprile 2013

di Unknown

Se non pagate mi riprendo la scultura!

Il fattaccio ruota attorno ad una bella scultura  intitolata Nuovo ciclista, posizionata sul lungomare sud di Giulianova. Una scultura, una bici, realizzata dall'artista Gloria Sulli che nel 2009 partecipò al concorso dedicato a Venanzo Crocetti, organizzato in occasione del centenario del Futurismo. 


Il giorno dell'inaugurazione della scultura il sindaco dichiarò che l'opera consacrava la cultura ciclabile su cui l'Amministrazione stava puntando. Tutte parole al vento, considerando che, trascorsi da allora più di tre anni, la scultura risulta ancora non pagata; nonostante le sollecitazioni dell'associazione Piazza Dante al comune giuliese. 
E l'artista pescarese che fa? Puf... fa sparire nottetempo la scultura, caricandola su un furgoncino durante la pasquetta. A documentare il tutto la foto del piedistallo ormai vuoto.

link foto 
Anche se il gesto a nostro parere sarebbe stato più che giusto...trattasi solo di semplice pesce d'aprile: la foto è frutto di un fotomontaggio e poco dopo l'associazione svela che in realtà la scultura non è mai stata smossa dalla sua base.
Come dire: "Se non pagate mi riprendo la scultura!"

Ma possibile che sulla costa abruzzese le sculture non hanno mai vita facile? O, nonostante siano state fatte a regola d'arte, non vengono pagate (caso Gloria Sulli a Giulianova), o,  pur essendo state pagate cifre esorbitanti, all'improvviso e imprevedibilmente, vanno letteralmente in frantumi (caso calice di Toyo Ito in piazza Salotto a Pescara).

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giovedì 14 febbraio 2013

di Unknown

VideoPost | Dai sistemi di classificazione scientifica alla micologia visionaria di Salvatore Arancio

Presso la Federico Schiavo Gallery (Roma) è in corso una mostra che indaga in maniera inedita il mondo della micologia e più in generale dei sistemi di classificazione scientifica. Ma l'artista in questione, Salvatore Arancio, con questa mostra intitolata The Little Man of the Forest With the Big Hat, va oltre l'apparenza e ne fa trasparire, mediante giochi scultorei e composizioni ardite, i risvolti inaspettatamente folli, maniacali e visionari.

S. Arancio,The Little Man of the Forest with the Big Hat, 2012, 
five glazed ceramics, gouaches on printed paper, perspex, painted MDF, giclée print on canvas
(
photo by Giorgio Benni, courtesy Federica Schiavo Gallery, Roma)
La mostra ruota attorno all'omonima installazione scultoreaprogettata e realizzata dall'artista nel 2012 a Faenza, in occasione della residenza presso il Museo Carlo Zauli. Ceramiche in bianco e nero lucente riproducono le forme di insoliti funghi velenosi, che ritroviamo anche in  illustrazioni di schede di classificazione rubate dai libri di micologia.

La manipolazione e la distorsione di forme e catalogazioni precise inducono la ricerca verso l'altra faccia della medaglia, dove la rigida classificazione dilaga in volontà maniacale. Stessa ambivalenza si rintraccia nelle proprietà benefiche e allucinogene del fungo.

S. Arancio, Bird, 2012,
looped video for projection,
(
photo by Giorgio Benni, courtesy Federica Schiavo Gallery, Roma)
Salvatore Arancio presenta anche un video, Bird, girato in Super 8 all'interno del Museo di Zoologia di Bologna. L'indagine qui si concentra sulle collezioni ornitologiche, in particolare quella della prima metà del secolo di Zaifagnini- Bertocchi. Alla manipolazione scultorea si sostituisce la manipolazione della ripresa lenta e ambigua, che ancora una volta mostra al fruitore l'aspetto più visionario insito nella nel rigore dell'azione catalogatrice. Ruolo fondamentale in questo senso è dato anche al suono che accompagna il film, Expo 70, progetto musicale di culto di Kansas City.

S. Arancio, View of The Little Man of the forest with the big hat, 2013
mixed media, installation view,
(
photo by Giorgio Benni, courtesy Federica Schiavo Gallery, Roma)
Nella terza ed ultima sala le relazioni natura/scienza si palesano più chiaramente, tramite giochi illustrativi e l'esposizione di una nuova scultura, realizzata durante una residenza d'artista presso l'European Ceramic Workcentre di 's-Hertogenbosch (Paesi Bassi).

Mostra da non perdere, in corso fino al 16 marzo.
Nel frattempo eccovi un video


Per maggiori info Federica Schiavo Gallery
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lunedì 11 febbraio 2013

di Unknown

E' morto Richard Artschwager

L'artista americano Richard Artschwager è morto all'età di 89 anni. La notizia è stata confermata nel tardo pomeriggio di sabato da Gagosian Gallery, la galleria che rappresenta l'artista.  La nostra ultima visita da Gagosian a Roma c'è stata proprio durante la personale di Artschwager con una serie di sculture pianoforti. Vi riproponiamo quindi una carrellata di foto scattate proprio in quell'occasione, per rendere omaggio all'artista che più di altri ha reso labili i confini tra minimalismo, concettuale e Pop Art. Tant'è vero che una volta Gagosian Gallery ha dichiarato:
"Richard forged a richly maverick path, confounding the genres and limits of art while forever changing how we view and understand space and the everyday objects that occupy it".










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mercoledì 19 dicembre 2012

di Unknown

Tracey Emin, una Young British Artist a Roma

Tracey Emin, la nota artista inglese, è a Roma con una mostra davvero particolare dal titolo "You saved me". 
Leggendo la sua biografia e il suo excursus di artista cresce la curiosità per questa donna dal fascino di bella e dannata, sfacciatamente schietta e sempre irriverente oltre il dovuto. E' senza ombra di dubbio "la cattiva ragazza" che insieme a Damien Hirst ha dato vita alla Young British Art negli anni '90.


Nei suoi lavori va in scena la sua vita, è questo che la critica ripete di continuo. 

Da Lorcan O'Neill a Roma, l'artista presenta una serie di tele e disegni in total blu, sculture bianche e messaggi a led. Come lenzuola stese ad asciugare, le sue tele e i suoi disegni si danno allo sguardo altrui senza vergogna e senza timore. 


In realtà le sue lenzuola le offrì letteralmente agli sguardi altrui nel 1999, con l'opera che la rese celebre: My bed è un letto disfatto, con tanto di preservativi usati e biancheria con macchie di sangue. Ma Emin era già nota alla stampa per l'installazione Everyone I have ever slept with 1963 – 1995, una tenda da campeggio sulla quale aveva cucito i nomi dei suoi amanti e le debite considerazioni.


Nella mostra inaugurata sabato a Roma l'eroina della Young British Art svela un mondo intimo e femminile, fatto di pennellate veloci e ricami, che al passato chiassoso e turbolento sostituiscono un presente più accogliente, forse un pizzico più tradizionalista e più incline alla faccia positiva e amorosa del mondo. 


Abbiamo avuto l'onore di incontrarla durante il Vernissage. Eccovi il video:

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martedì 23 ottobre 2012

di Unknown

VideoPost | Toyo Ito, Comune di Pescara e Clax. Chi pagherà il calice rotto?

Toyo Ito, Wine glass
Toyo Ito, l'architetto giapponese, chiede un risarcimento danni dell'ammontare di 1 milione di euro alla Clax Italia, l'azienda di Pomezia che realizzò la sua scultura, ribattezzata Huge Wine glasse, per piazza della Rinascita a Pescara e che nel febbraio 2009, ad appena 64 giorni dall'inaugurazione, andò letteralmente in frantumi. La cifra richiesta, come precisa l'avvocato dell'architetto, Maria Concetta Alessandrini di Roma, sarà devoluta in beneficenza. Il 5 ottobre Ito ha consegnato una memoria nelle mani del giudice Marco Bartone che presiede la causa civile in corso tra la ditta realizzatrice dell'opera e il Comune di Pescara. 
Quindi ricapitolando, il Comune di Pescara chiede 2 milioni e 100 mila euro alla Clax, da dividere tra i proprietari dell'opera rimasti, è il caso di dire, a bocca asciutta, ossia il comune stesso per l'80 per cento e la Banca Caripe al 20 per cento. La Clax scarica le colpe sul progetto dell'architetto che a sua volta incolpa la ditta di non aver eseguito le sue raccomandazioni. La prossima udienza ci sarà tra 7 mesi.  

Nel frattempo la morale della favola giudiziaria sapete qual è? E' che in piazza della Rinascita a Pescara campeggia ancora il calice rosso in questione, tra armamenti di sicurezza arrugginiti, acqua imputridita, rifiuti e sguardi indignati dei passanti. Ma non sarà forse il caso di rimuoverla? Ma a spese di chi? Lasciamo a voi il piacere amaro del commento. 

Eccovi un video girato qualche giorno fa.




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martedì 2 ottobre 2012

di Unknown

Richard Artschwager da Gagosian Gallery

Nome impronunciabile dell'artista e arte altrettanto difficile da favellare. Ma ci proviamo. 
Certo non ci aiuta la mostra presso Gagosian Gallery, come sempre molto molto minimal, ma se non altro in linea con l'artista che espone.

Richard Artschwager, Gagosian Gallery, Roma

Cominciamo con qualche informazione sull'artista. Richard Artschwager, un destino già tutto nel cognome, statunitense, classe 1923, nasce a Washington ma vive e lavora a New York. Ha mosso i suoi primi passi nel mondo dell'arte intorno ai primi anni '50, proprio mentre la Pop Art e la Minimal Art mettevano definitivamente KO il concetto di arte unica e irripetibile.
Il suo lavoro è stato spesso ricollegato alle due correnti artistiche, alla Pop Art per la funzionalità degli oggetti e per l'uso di materiali commerciali e industriali; alla Minimal Art per il suo linguaggio geometrico e asciutto. Ma le due correnti non sono sufficienti per spiegare la sua ricerca poliedrica e zeppa di rimandi. 

Richard Artschwager, Gagosian Gallery, Roma

Procediamo dunque per punti.

Arredamento d'interni: I suoi lavori sono un ibrido tra mobili di design e sculture vere e proprie.
Materiali sintetitici:i suoi preferiti sono fòrmica e celotex.
Punti escamativi, interrogativi e parentesi: sicuramente vi sarete già imbattuti in queste sculture, gigantografie 3D dei segni di interpunzione, riprodotti con materiali morbidi o solidi. 

Nella mostra di Roma Artschwager riprende un filo concettuale iniziato con Piano (1965). Come scritto nel comunicato stampa "gli straordinari pianoforti di Artschwager sostengono una confusione attentamente orchestrata tra pittura e scultura e ci ricordano che siamo nel regno dell'arte e non nella realtà".

Richard Artschwager, Piano Malevich, 2012
(Courtesy Gagosian Gallery)

La musica e le sue partiture entrano nel mondo di quest'artista per essere scompaginate con variazioni minime. Ad esempio i tasti bianchi, riprodotti sui parallelepipedi ricoperti in formica, hanno dimensioni diverse (fa, sol e la sono più grandi rispetto a do, re, mi e si); i pedali dei pianoforti ora sono tre, ora due. Tanto quanto basta per fuorviarci ancora una volta.
Sempre dal comunicato stampa: "Nel sorprendente universo metaforico di Artschwager, nulla è mai soltanto un'unica cosa (...) un pianoforte è al tempo stesso un mobile, una scultura e un'immagine".

Il suo lavoro è sempre rimasto ancorato all'ambiguità della percezione, nell'interazione tra osservazione e illusione. Oggetti solo apparentemente riconoscibili che stuzzicano i piani dello sguardo e della mente.
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mercoledì 12 settembre 2012

di Unknown

Maurizio Savini e la scultura in chewing gum

Maurizio Savini
(photo by Romaprovinciacreativa)
Quando sembra tutto fatto e sperimentato ecco che un materiale nuovo fa la sua comparsa nel mondo dell'arte. E noi rimaniamo lì a bocca aperta, sguardo incredulo e sorriso sarcastico. Più o meno è così che mi sono sentita quando per la prima volta ho visto dal vivo una scultura realizzata da Maurizio Savini.  
Fino a quel momento ho sempre considerato la Big Babol come nient'altro che panna e fragola compresse in un mini cubetto dal colore pop e dall'inconfondibile aroma dolciastro. Unica azione possibile: masticare.
Savini invece, fin dal 1997, ha scoperto e sperimentato le doti di questo particolarissimo chewing gum, eleggendolo suo imprescindibile materiale scultoreo.

I suoi lavori hanno tutti un'anima in fibra di vetro, poi ricoperta tramite la gomma da masticare. Ma l'arte saviniana non si riduce a mero tecnicismo, anche se in un primo momento è ciò che più colpisce.
La sua ricerca si muove su un doppio binario: la sperimentazione pratica si sovrappone e sottostà ad una critica che è prima di tutto rivolta all'uomo e alla società. Le sue sculture sono tribù rosa di animali in estinzione, personaggi in azioni quasi oniriche e oggetti d'uso comune. Un mix per riflettere su ecologia, consumismo e contraddizioni uomo/società.

La scoperta del materiale è avvenuta per caso ma nel momento giusto: proprio mentre Savino era alla ricerca di un materiale che fosse contemporaneo, duttile e di colore rosa. Ecco che il tabaccaio sotto casa getta via cinque confezioni di gomma da masticare e lui le trova.

Una storia che ha il sapore Dada e Pop, oltre che di fragola. 

M. Savini, Uomo fluttuante

M. Savini, Orso
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martedì 11 settembre 2012

di Unknown

A Napoli una nuova personale per Lidia Palumbi

L. Palumbi, Infanzia,
mixed media, 2000
Lidia Palumbi l'abbiamo conosciuta qualche tempo fa per un'intervista su Blarco. Ci fa piacere annunciarvi che sabato 15 settembre inaugurerà una sua personale a Napoli, nella bella cornice di Castel dell'Ovo, dal titolo Noli Tangere. Saranno esposte opere scultoree, alcune frutto della sua più recente ricerca artistica. 

Per maggiori dettagli sulla mostra eccovi un link ed un estratto del comunicato stampa:

Lidia Palumbi, artista italo-olandese, presenta una personale di sculture nella Sala delle Prigioni, a Castel dell'Ovo, Napoli, dal 15 al 29 settembre 2012. 

Messaggio centrale dell'opera e' dare voce al silenzio di sofferenza e di protesta dell'oppresso. Le sculture rappresentano spazi chiusi, immagini di coercizione, e spazi aperti, le piazze, che esprimono liberta' di pensiero e azione. Due realta' poste l'una accanto all'altra, vicine ma senza toccarsi. 
Nella mostra a Castel dell'Ovo l'artista pone un particolare accento sul silenzio dell'infanzia sottoposta alla violenza fisica ed emotiva dell’indottrinamento culturale e ideologico. 
In questo contesto le parole Noli Tangere hanno un doppio significato. Si riferiscono alla proibizione imposta sul bambino di “non toccare la vita” e contengono un'ammonizione verso gli adulti che “toccano negativamente” la vita e l'integrita' del bambino attraverso l'abuso fisico o psicologico. 
Di quest'ultimo aspetto parlano le opere “Omaggio e Pianto”, “Piccola Venere”, e “Child-Bride”, sculture che vengono esposte in anteprima nella mostra a Napoli. Sono un omaggio alla figura femminile e un richiamo a rispettare la donna. 
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giovedì 17 novembre 2011

di Unknown

Giò Pomodoro, Google e Twitter tutti per lui!

Google oggi ha dedicato il suo doodle a Giò Pomodoro che nel contempo è diventato trend topic su Twitter.  

Oggi, 17 novembre 2011, l'artista avrebbe festeggiato il suo 81mo compleanno.


Tra i regali un doodle che richiama direttamente le sue sculture.
Il logo si veste di metallico ed è investito da un gioco chiaroscurale che rivela il soggetto reale della ricerca di Pomodoro: la luce.
Il sole infatti, anche se non sempre rappresentato o simboleggiato, è il dichiarato protagonista di molte delle sue creazioni che su piani fluttuanti innescano colloqui misteriosi con  lo spazio, con il vuoto, senza esimersi da connotazioni ideologiche e sociali.

Pomodoro stesso scriveva: 
"L'opera, sia essa stessa, dovunque essa sia, luogo e presenza"
Ed ancora, riferendosi al futuro della scultura:
"Non ho mai cessato dal 1958 ad oggi, di pensare all'estensione, all'importanza della determinazione, individuazione e presenza del "vuoto" e della sua importanza in scultura. Ormai sappiamo che il vuoto è ricolmo di energia, sia nel macro che microcosmo. Immensi campi d'energia si estendono ovunque. E' l'immensità in cui lavorare, sperimentare ed esplorare, per tracciare nuovi percorsi, costruire nuove realtà e nuove visioni"
G. Pomodoro
Leggendo tra le righe si avverte una visione dello spazio che avvolge l'uomo ma va oltre il tangibile, oltre le definizioni del reale, molto vicina alla dimensione che si respira nel cyberspazio che oggi, forse non a caso, lo omaggia.
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lunedì 10 ottobre 2011

di Unknown

David Smith al Whitney Museum di New York con i suoi giganti d'acciaio

D. Smith Cubi XXI , 1964, installato presso il Whitney Museum
(http://www.artnet.com)
L'artista americano David Smith e la sua ricerca costante della forma geometrica attraverso sculture di piccole e monumentali dimensioni, sono al centro della mostra allestita presso il Whitney Museum of American Art.
"David Smith: cubes and anarchy", questo il titolo della mostra, riunisce circa 60 opere tra sculture, disegni, dipinti, fotografie e alcuni dei suoi taccuini mai esposti prima, per esplorare l'intero percorso dell'artista.

Il sottotitolo della mostra  rimanda al potere rivoluzionario delle forme geometriche già preannunciato dai costruttivisti russi. L'arte di Smith è stata suggestionata da grandi artisti del calibro di Mondrian, Kandinsky e Picasso.
Smith, partendo dalle loro intuizioni, si afferma quale poeta della scultura saldata, producendo una quantità eterogenea di lavori definibili per ossimori. 

D. Smith, Zig III, 1961
(http://www.whitney.org/Exhibitions/DavidSmith)
Le sue opere sono fusioni  di geometrie semplici e tecniche e materiali di fabbricazione industriale; sono felici connubi tra forme senza tempo, gesti assoluti e potenza e materia viva della vita moderna, vestita d'acciaio e d'alluminio. 
Formule precise che hanno reso Smith un felice funambolo dell'arte in bilico tra matematica, geometria e fantasia.
Nella creazione di questa sintesi, Smith ha ridefinito l'estetica e le ambizioni della scultura.

La mostra, al Whitney fino all'8 gennaio 2012, sarà riallestita presso il Wexner Center for the Arts, Columbus, nell'Ohio.
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martedì 24 maggio 2011

di Unknown

Jan Fabre e la sua Pietà macabra a Venezia

J. Fabre, Sogno compassionevole, 2011
 (foto da www.kataweb.it)

Già fa discutere l'opera "Sogno compassionevole" presentata dal fiammingo Jan Fabre, una versione della Pietà Michelangiolesca conturbante e macabra ma secondo l'artista "affatto blasfema". 
La vergine, il cui volto è raffigurato da un teschio, stringe tra le braccia non un Cristo morto ma il corpo dell'artista stesso, in abito da sera e in stato di decomposizione, attaccato da farfalle, insetti e scarabei. Con una mano sorregge un viscido cervello in puro marmo di Carrara.

J. Fabre, Sogno compassionevole, 2011
 (foto da www.kataweb.it)
L'opera è visibile presso la Scuola Grande della Misericordia a Venezia ed è parte di una grande installazione composta da altre cinque sculture tra cui cervelli ingranditi sormontati da tartarughe rovesciate, alberi bonsai e croci. Il tutto posto su un'aurea pedana su cui è possibile salire solo in pantofole.

L'opera è stata presentata in anteprima e fa parte delle mostre collaterali alla 54. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale.
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domenica 22 maggio 2011

di Unknown

La statua di Papa Wojtyla. Via subito!


All'indomani dell'inaugurazione della statua del Beato Wojtyla a Roma, presso la Stazione Termini, anziché devoti in preghiera, scorgiamo volti perplessi e smarriti. 
I passanti, nonostante la fretta di salire su un autobus che in Piazzale dei Cinquecento fa capolinea, guardano la statua che dovrebbe rappresentare il Papa polacco ed invece un volto sconosciuto li scruta dall'alto verso il basso. 
Se ne è accorto anche L'Osservatore Romano che riguardo l'opera plastica ha scritto: 
"Pecca di una scarsa riconoscibilità. Il suo volto, situato in cima alla struttura, ha solo una lontana somiglianza con quello del Papa"
Le critiche toccano anche altri punti e arrivano da ogni dove. A sollevarsi, perfino le voci dei Papa boys per tuonare:
"Opera incomprensibile, il comune la rimuova".
D'accordo anche il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro che senza peli sulla lingua ha dichiarato:
"La teca di Meier era il male, un bel simbolo di orrore, questa è peggio"
Dalle prime impressioni, tutte negative, le critiche si sono spostate non tanto su chi l'ha donata o realizzata, ma piuttosto su chi l'ha valutata prima di darle il nulla osta.
A questo punto però la questione si fa davvero ingarbugliata e si finisce in un vero e proprio giallo. Chi commissionò l'opera? Chi diede il consenso una volta visti i bozzetti? 
L'opera sarebbe il frutto di una donazione, comunque meritevole, della Fondazione Silvia Paolini Angelucci. La Commissione Storia e Arte della sovrintendenza in un primo momento l'avrebbe rifiutata. Si sarebbe pensato anche di procedere con un bando, ma visto lo stringere dei tempi rispetto alla beatificazione del pontefice si è fatto dietrofront (non si sa se sia stato Alemanno o chi per lui) e si è tornati sulla prima ipotesi, richiamando lo scultore Oliviero Rinaldi

Alzatosi il polverone delle polemiche ora si corre ai ripari ed Alemanno ha già dichiarato:
 "Ascolteremo il parere della gente, con molta calma. Se il giudizio non sarà positivo, magari dei cambiamenti potranno essere fatti"

Il Messaggero ha già confezionato un sondaggio online in cui domanda: "Cosa pensate della statua di Wojtyla inaugurata a Termini?" L'88,4 % dei web lettori ha risposto che non gli piace.
Scontato dire che se all'indomani della morte dell'amato Papa in Piazza San Pietro si urlava "Santo subito!", oggi in Piazzale dei Cinquecento, al cospetto della statua, si pensa "Via subito!". 
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mercoledì 18 maggio 2011

di Unknown

VideoPost | Perché Arcangelo Sassolino ci piace!

Non è il primo VideoPost che dedichiamo a questo artista. La verità è che ci piace molto!

Perché le leggi della fisica e della meccanica nei suoi lavori si trasformano in rime baciate.
Perché la durezza dei materiali industriali di cui si serve si coniuga al calore dell'azione messa in scena.
Perché il rumore delle sue sculture è assordante e poeticamente silenzioso.
Perché la complessità degli ingranaggi si scontra con l'elementarità dell'arte.

Perché in ogni sua scultura ad ogni azione corrisponde una reazione mai uguale e sempre contraria.


Ecco per voi "Robotic Sculpture":

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lunedì 16 maggio 2011

di Unknown

"Il Mostro di Castelvecchio" arriva a L'Aquila e infonde il buon umore




15 maggio 2011, ore 18:00, giornata grigia, pioggia e nuvole su L'Aquila.

Una mastodontica scultura meccanica dai mille colori fa la sua comparsa in Piazza Duomo e come per magia la giornata cambia aspetto.

Ve lo presento: è "Il Mostro di Castelvecchio", opera di Anna Galtarossa.

Un potpurri di oggetti quotidiani dalle tinte sfavillanti. Uno strano essere coperto di stoffe, lane colorate, pompon, paillettes, frange.



Nonostante le previsioni meteorologiche il Mostro viene scaricato a terra, disimballato e preparato per l'evento. La pioggia continua ininterrottamente ma l'artista Anna Galtarossa non si perde d'animo e si da da fare per gli ultimi ritocchi alla sua creatura. 

Il tutto è pronto, il tempo di dare poche e semplici istruzioni ai due ragazzi che entreranno nella scultura per metterla in moto e via...Si parte!

Un totem magico che cammina per le vie del centro cogliendo di sorpresa i passanti che, senza accorgersene, si organizzano in una sorta di processione.

Il Mostro, buono ovviamente, emana allegria dappertutto.
In una città come L'Aquila, con il suo bel carico di malumore, ogni passo è un invito a reagire e a rimettere in moto i sogni.
Tra visione onirica e bellezza barocca, il mostro urla disperato buon umore.



Non è la prima volta che la creatura multicolore esce allo scoperto. I suoi primi passi li ha mossi in quel di Verona. L'artista stessa ci spiega come sia nata l'opera:
"Verona non è molto abituata all'arte contemporanea quindi ho cercato di fare un progetto per coinvolgere la città un po' di più ed ho pensato che il modo più semplice sarebbe stato entrare direttamente nella città e non restare chiusi nei musei"
Il Mostro oltre che a Verona è già stato in diverse città italiane ma qui a L'Aquila si respira un'atmosfera diversa. Il desiderio di infondere felicità è più sentito. E quasi per magia dopo i primi insicuri passi, anche il cielo smette di piangere e per un attimo regala un sorriso di luce, giusto il tempo di un giro in piazza.








Anna Galtarossa, classe 1975, vive e lavora tra S. Pietro In Cariano (VR) e New York. Lavora con la galleria Spencer Brownstone di New York, dove nel 2004 realizza la sua prima personale, in occasione della quale pubblica il suo primo libro City. Nel 2005 espone l’opera Kamchatka a Viafarini. Nel 2007 inizia la sua collaborazione con l'artista argentino Daniel González nei progetti Chili Moon Town Tour, galleggiante e itinerante città dei sogni che debutta come progetto speciale per México Arte Contemporáneo e Homeless Rocket With Chandeliers, Lambrate, Milano, una gru di 30 metri, utilizzata quotidianamente. Nel 2008 partecipa alla seconda Triennale di Torino curata da Daniel Birnbaum.




La passeggiata del Mostro è il primo di tre appumtamenti concepiti all'interno del progetto "L'Aquila l'identità del contesto" a cura di Francesca Referza e Maria Rosa Sossai.
Seguiranno Il progetto site - specific di Francesco Arena che sarà un invito a coltivare la consapevolezza dell’identità, così come la ricerca di Margherita Moscardini che indagherà le relazioni architettoniche e formali tra memoria e luogo, sollecitando le capacità percettive dello spettatore.

Eccovi il video dell'evento.

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mercoledì 27 aprile 2011

di Unknown

VideoPost | Nuovi meccanismi scultorei

Quando la scultura mette in dis-accordo acciaio, masse e volumi, quando la scultura crea e distrugge, quando la scultura è quiete apparente ed esplosione improvvisa.
Siamo rimasti affascinati dall'elucubrazioni artistico scientifiche di Arcangelo Sassolino.

Giovane artista, ex designer di giocattoli, trasforma i principi dell'ingegneria meccanica in metrica scultorea.

Ecco per voi i video in quiete ed in attività di "Piccolo animismo" esposto al MACRO di Roma, nella Sala Enel:






E se non vi bastasse, su You Tube abbiamo scovato anche un altro lavoro dello stesso artista.
La semplice forza di un pistone idraulico ed una trave di legno danno vita ad una performance sonora simile ad uno spettacolo pirotecnico.


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lunedì 8 novembre 2010

di Unknown

KEVIN FRANCIS GRAY... memorie contemporanee

Inaugura domani negli spazi di Sala1 la mostra di Francis Kevin Gray, per la prima volta a Roma. 

Tra le penombre e le alte volte della suggestiva galleria romana, dal 9 novembre sino al 6 dicembre sostano in attese sterili, a metà tra bellezza neoclassica e macabri risvolti, le sculture di quest’artista internazionale dal sangue irlandese. 

Il passato, tutto nella forma, il presente underground e metropolitano, tutto nei soggetti e nei dettagli. Gray restituisce l’aura alla scultura ma lo fa con accenti contemporanei. Le sue figure poggiano su veri e propri piedistalli, quelli dalle forme più tradizionali ma lo fanno con scarpe da tennis o tacchi a spillo perfettamente modellati. Anche nei materiali l'incanto dei contrari: il candore antico del marmo nero, la lucentezza del bronzo e la leggerezza della resina si mescolano all’opulenza dell’oro e al glamour delle perline che celano teschi inaspettati.

Ghost Boy, 2007
Fiberglass Resin, Glass Crystal Beads, Wood Pedestal


La ricerca di Gray non è esclusivamente artistica, materica, tecnica, la ricerca scultorea si trasforma in approfondimento antropologico ed infatti nella nota critica di M. Cavallarin si legge: “permane una raggelante indagine antropologica, uno srotolare dimensioni e geografie, una visionaria smagnetizzazione della sua realtà sociale e generazionale.” L’indagine sociale si fa esplicita soprattutto in Ghost Boy, del 2007. Il passo statico e lo sguardo basso celano una gioventù disintegrata che del volto perde le fattezze e si fa scheletro. In altre sculture il volto è velato e si fa incognita, come in Face- off, un bronzo del 2007. 

Kevin Francys Gray nasce in Irlanda del Nord nel 1972. Vive e lavora a Londra. Ha esposto in numerosi musei prestigiosi di Londra, Parigi, New York, in Korea e Canada. Molte delle sue opere sono presenti in importanti collezioni italiane ed estere.








Sala 1 in collaborazione con Changing Role
Vernissage Martedì 9 Novembre ore 18:00 fino al 6 Dicembre 2010 
martedì-sabato 16,30-19,30

Sala1 Complesso monumentale della Scala Santa/ Padri Passionisti
Piazza di porta San Giovanni, 10 Roma
www.salauno.com
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