A. Monticelli & C. Pagone |
Alessandro Monticelli e Claudio Pagone nel 1999 si uniscono con la sigla M&P. Una coppia di giovani artisti con un percorso già ricco di riscontri, frutto della volontà sincera di fare arte.
Li abbiamo incontrati in occasione della mostra Terrae motus. Shut out al MU.SP.A.C. dell'Aquila.
Se avete perso l'occasione di immergervi nei loro lavori dal sapore introspettivo soggettivo e dal retrogusto polemico quanto basta, riparate con una bella scorpacciata di "Perchè?" posti ad Alessandro che, con il beneplacido di Claudio, ha risposto alle nostre domande. Se non vi basta, guardate anche il video della mostra.
Sicuramente ve lo avranno già chiesto in mille. Ve lo domando anch’io. Chi era Alessandro Monticelli prima dell’incontro con Claudio Pagone e viceversa? Insomma, come nasce la sigla M&P?
Abbiamo intrapreso il percorso artistico singolarmente,
ognuno con i propri temi, la propria tecnica, il proprio modo di vedere l’arte.
Claudio trattava aspetti più figurativi, io più astratti. Pensa che abbiamo
fatto il servizio militare insieme senza mai parlare di arte. In seguito ci
siamo incontrati, per caso, in un magazzino indaffarati a comprare ferro,
vernici ed altro materiale. Solo in quel momento abbiamo scoperto di dipingere entrambi.
Così abbiamo cominciato a frequentarci attraverso l’arte. Abbiamo preso parte a
diverse manifestazioni, premi, esposizioni sempre individualmente, fino a
quando il confronto, le idee comuni, la reciproca contaminazione si sono
trasformati in unione d’intenti. Abbiamo lasciato a poco a poco il lavoro individuale, soprattutto attraverso le installazioni e le
performance, fino poi ad arrivare alle opere di pittura e scultura.
Nel panorama artistico contemporaneo, in cui spesso l’egocentrismo fa
da padrone, quanto ha pesato questa vostra rinuncia al percorso individuale?
Non ha pesato molto lasciare una
carriera da solista. Il tutto è avvenuto in maniera molto naturale, ci siamo
resi conto che questa cosa nuova che
stava crescendo era più importante dei nostri singoli percorsi … poi destava molta curiosità il fatto di
lavorare insieme.
Lavorare a quattro mani vuol dire anche mettere d’accordo due teste o, per rimanere in tema con i vostri lavori, mettere d’accordo due personalità. Quali
sono i rischi e quali i vantaggi del lavorare in coppia?
Ogni opera nasce sempre dall’idea
che abbiamo in quel momento, passa attraverso la matita, la macchina
fotografica, il computer, il colore sulla tela… l’idea viene sviscerata sempre
e completamente a 360 gradi. Noi siamo due persone completamente diverse, siamo
caratterialmente opposti e per questo ci compensiamo. Devo ammettere che spesso realizzare un lavoro è davvero una bella fatica. A volte avviene in maniera più spontanea. Ad esempio può capitare
che durante un viaggio in macchina per andare ad inaugurare una mostra, parlando
si gettano le basi per un nuovo progetto. Il più delle volte basta
un’idea e subito troviamo un punto d’incontro da cui partire.
Essendo di Sulmona come voi, mi chiedo cosa vi abbia spinto a rimanere ed aprire un vostro studio in questa città? Questa
scelta cosa comporta?
Siamo nati a Sulmona e viviamo
qui. Sicuramente non è il posto ideale per fare arte e questo vale soprattutto
per l’arte contemporanea. Ma in realtà credo che non esista un luogo ideale,
esiste forse un luogo mentale che non si calpesta e che non ha un nome. Qui è
molto più facile, dal punto di vista pratico, avere uno studio. Forse,
non vorrei peccare di presunzione, se avessimo scelto di spostarci ed aprire
uno studio altrove, ad esempio a Roma o Milano, oggi ci troveremmo su
un altro piano. Forse in questo paghiamo lo scotto del piccolo paese, in cui
non hai la facilità di incontri e contatti delle grandi città.
Dal punto di vista tecnico ho notato che non avete una predilezione per
un unico linguaggio, vi muovete senza difficoltà dalla tela alla fotografia, al
video, alla performance ed installazione. Quanto conta per voi la parte tecnica
di un lavoro?
Per noi è il mezzo che giustifica
il fine. La tecnica è la strada principale del messaggio, la visione alla
lettura del lavoro ne è condizionata.
Terrae Motus. Shut Out –
Chiusi Fuori è la mostra in corso al MU.SP.A.C. in questi giorni. Cosa ha significato per voi esporre in una città come
L’Aquila?
L’arte quando si occupa degli eventi reali non lo fa
mai banalmente ma sempre con un occhio molto originale, particolare, ed è
quello che ci piace di più nel fare arte: esternare gli avvenimenti con un punto di vista nuovo ed inedito. L’arte contemporanea non è seguita dal
grande pubblico. In questo caso una mostra sul terremoto rappresenta anche
un’occasione per avvicinare il pubblico all’arte, tramite una tematica comune.
Naturalmente c’è anche un altro fattore fondamentale da considerare: la forza terapeutica
dell’arte in occasioni tragiche. Basti pensare in questo senso all’iniziativa
di un grande personaggio come Lucio Amelio con la collezione Terrae Motus, nata
in occasione del terremoto in Irpinia. Si tratta di segnali forti che
arrivano dalla cultura.
Perché per la mostra all’Aquila
avete scelto proprio la serie che riflette sull'identità prendendo spunto dalle macchie di Rorschach?
Questa serie è quella che ci
porta un po’ in giro per l’Italia. E’ come se fosse un tema fisso dal quale poi
ogni volta svisceriamo una parte specifica. E’ una serie di per sé ambivalente.
L’ambiguità di questi lavori si può anteporre o posporre ad ogni nuova
situazione, ma senza alcun tipo di forzatura. Nel caso della mostra al
MU.SP.A.C., abbiamo deciso di presentare
la serie Rorschach con un accento un po’ tragico, con uno sguardo
ambiguo, non chiaro; essendo questa la matrice stessa di questi lavori. Anche
perchè ambiguo e subdolo è un terremoto che ti colpisce alle tre di notte e non
ti dà modo di reagire. Inoltre da un evento così tragico salgono a galla
tutte le doppiezze, le situazioni che in una realtà tranquilla è sempre
difficile percepire. Shut out – chiusi
fuori è questo: una realtà in cui non riesci più ad entrare, ma che
inizialmente era la tua.
I test di Rorschach ruotano attorno alle risposte dell’individuo,
risposte soggettive a stimoli comuni. Cosa vi aspettate dal vostro pubblico
quando fate delle mostre? C’è mai stata qualche reazione che non avevate
previsto e che in qualche modo vi ha stupito?
Delle grandi vendite, così Pagone
sistema un po’ dei suoi creditori… Per quanto riguarda le reazioni, ricordiamo con stupore un vernissage
al quale si presentarono una decina di pazzi che si confondevano tra gli
invitati. In realtà erano venuti per sottoporsi al test di Rorschach. Uno di
loro arrivò in macchina senza patente e fu prelevato dai carabinieri. Una
situazione alquanto paradossale!
Un’altra parte del vostro lavoro
si riconosce anche per la sua carica di denuncia. Penso ad opere come La Venere dell'immondizia, La carta igienica del critico o a 500 multe a regolad'arte . Quanto conta questo
aspetto?
C’è sempre la volontà di
affacciarsi sulla realtà e nella realtà con una sorta d’ironia mista a
denuncia. Non è una denuncia fine a sé stessa. Speriamo sempre che vada oltre,
che lasci pensare, riflettere e che non
sia un’immagine che desti solo stupore, imbarazzo, divertimento. Insomma, che
riesca ad andare oltre la prima impressione e che spinga verso nuovi
interrogativi. Penso che l’arte contemporanea non debba dare risposte ma
aiutare nel formulare nuove domande,
forse anche più attente, più critiche e meno banali.
E come la mettiamo con i grandi artisti, come ad esempio Pistoletto e Manzoni, da cui avete preso spunto?
Pistoletto rimase molto contento e divertito dalla nostra Venere dell'immondizia, ci fece anche i complimenti. Lo abbiamo fatto anche con un quadro di Goya per il delitto Misseri. In quel caso siamo stati anche molto criticati. Innanzitutto è una sorta di ripasso di storia dell'arte, non è mai un confronto o un paragone. E' una sorta di gemellaggio che a noi, fondamentalmente, diverte molto.
Progetti per il futuro?
A breve una collettiva intitolata Verosimile, in cui esporremo lavori della serie Rorschach e La Venere dell'immondizia. Inoltre abbiamo in cantiere due nuovi lavori a livello di installazione e performance.