giovedì 24 maggio 2012

di Unknown

Intervista singola alla coppia artistica Monticelli e Pagone

A. Monticelli & C. Pagone
Alessandro Monticelli e Claudio Pagone nel 1999 si uniscono con la sigla M&P. Una coppia di giovani artisti con un percorso già ricco di riscontri, frutto  della volontà sincera di fare arte. 
Li abbiamo incontrati in occasione della mostra Terrae motus. Shut out  al MU.SP.A.C. dell'Aquila. 
Se avete perso l'occasione di immergervi nei loro lavori dal sapore introspettivo soggettivo e dal retrogusto polemico quanto basta, riparate con una bella scorpacciata di "Perchè?" posti ad Alessandro che, con il beneplacido di Claudio, ha risposto alle nostre domande. Se non vi basta, guardate anche il video della mostra.


Sicuramente ve lo avranno già chiesto in mille. Ve lo domando anch’io. Chi era Alessandro Monticelli prima dell’incontro con Claudio Pagone e viceversa? Insomma, come nasce la sigla M&P?
Abbiamo intrapreso il percorso artistico singolarmente, ognuno con i propri temi, la propria tecnica, il proprio modo di vedere l’arte. Claudio trattava aspetti più figurativi, io più astratti. Pensa che abbiamo fatto il servizio militare insieme senza mai parlare di arte. In seguito ci siamo incontrati, per caso, in un magazzino indaffarati a comprare ferro, vernici ed altro materiale. Solo in quel momento abbiamo scoperto di dipingere entrambi. Così abbiamo cominciato a frequentarci attraverso l’arte. Abbiamo preso parte a diverse manifestazioni, premi, esposizioni sempre individualmente, fino a quando il confronto, le idee comuni, la reciproca contaminazione si sono trasformati in unione d’intenti. Abbiamo lasciato a poco a poco il lavoro individuale, soprattutto attraverso le installazioni e le performance, fino poi ad arrivare alle opere di pittura e scultura.

Nel panorama artistico contemporaneo, in cui spesso l’egocentrismo fa da padrone, quanto ha pesato questa vostra rinuncia al percorso individuale?
Non ha pesato molto lasciare una carriera da solista. Il tutto è avvenuto in maniera molto naturale, ci siamo resi conto che  questa cosa nuova che stava crescendo era più importante dei nostri singoli percorsi … poi destava molta curiosità il fatto di lavorare insieme.

Lavorare a quattro mani vuol dire anche mettere d’accordo due teste o, per rimanere in tema con i vostri lavori, mettere d’accordo due personalità. Quali sono i rischi e quali i vantaggi del lavorare in coppia?
Ogni opera nasce sempre dall’idea che abbiamo in quel momento, passa attraverso la matita, la macchina fotografica, il computer, il colore sulla tela… l’idea viene sviscerata sempre e completamente a 360 gradi. Noi siamo due persone completamente diverse, siamo caratterialmente opposti e per questo ci compensiamo. Devo ammettere che spesso realizzare un lavoro è davvero una bella fatica. A volte avviene in maniera più spontanea. Ad esempio può capitare che durante un viaggio in macchina per andare ad inaugurare una mostra, parlando si gettano le basi per un nuovo progetto. Il più delle volte basta un’idea e subito troviamo un punto d’incontro da cui partire.


Essendo di Sulmona come voi, mi chiedo cosa vi abbia spinto a rimanere ed aprire un vostro studio in questa città? Questa scelta cosa comporta?
Siamo nati a Sulmona e viviamo qui. Sicuramente non è il posto ideale per fare arte e questo vale soprattutto per l’arte contemporanea. Ma in realtà credo che non esista un luogo ideale, esiste forse un luogo mentale che non si calpesta e che non ha un nome. Qui è molto più facile, dal punto di vista pratico, avere uno studio. Forse, non vorrei peccare di presunzione, se avessimo scelto di spostarci ed aprire uno studio altrove, ad esempio a Roma o Milano, oggi ci troveremmo su un altro piano. Forse in questo paghiamo lo scotto del piccolo paese, in cui non hai la facilità di incontri e contatti delle grandi città.

Dal punto di vista tecnico ho notato che non avete una predilezione per un unico linguaggio, vi muovete senza difficoltà dalla tela alla fotografia, al video, alla performance ed installazione. Quanto conta per voi la parte tecnica di un lavoro?
Per noi è il mezzo che giustifica il fine. La tecnica è la strada principale del messaggio, la visione alla lettura del lavoro ne è condizionata.

Terrae Motus. Shut Out – Chiusi Fuori  è la mostra in corso al MU.SP.A.C. in questi giorni. Cosa ha significato per voi esporre in una città come L’Aquila?
L’arte quando si occupa degli eventi reali non lo fa mai banalmente ma sempre con un occhio molto originale, particolare, ed è quello che ci piace di più nel fare arte: esternare gli avvenimenti con un punto di vista nuovo ed inedito. L’arte contemporanea non è seguita dal grande pubblico. In questo caso una mostra sul terremoto rappresenta anche un’occasione per avvicinare il pubblico all’arte, tramite una tematica comune. Naturalmente c’è anche un altro fattore fondamentale da considerare: la forza terapeutica dell’arte in occasioni tragiche. Basti pensare in questo senso all’iniziativa di un grande personaggio come Lucio Amelio con la collezione Terrae Motus, nata in occasione del terremoto in Irpinia. Si tratta di segnali forti che arrivano dalla cultura.


Perché per la mostra all’Aquila avete scelto proprio la serie che riflette sull'identità prendendo spunto dalle macchie di Rorschach?  
Questa serie è quella che ci porta un po’ in giro per l’Italia. E’ come se fosse un tema fisso dal quale poi ogni volta svisceriamo una parte specifica. E’ una serie di per sé ambivalente. L’ambiguità di questi lavori si può anteporre o posporre ad ogni nuova situazione, ma senza alcun tipo di forzatura. Nel caso della mostra al MU.SP.A.C., abbiamo deciso di presentare la serie Rorschach con un accento un po’ tragico, con uno sguardo ambiguo, non chiaro; essendo questa la matrice stessa di questi lavori. Anche perchè ambiguo e subdolo è un terremoto che ti colpisce alle tre di notte e non ti dà modo di reagire. Inoltre da un evento così tragico salgono a galla tutte le doppiezze, le situazioni che in una realtà tranquilla è sempre difficile percepire. Shut out – chiusi fuori è questo: una realtà in cui non riesci più ad entrare, ma che inizialmente era la tua.

I test di Rorschach ruotano attorno alle risposte dell’individuo, risposte soggettive a stimoli comuni. Cosa vi aspettate dal vostro pubblico quando fate delle mostre? C’è mai stata qualche reazione che non avevate previsto e che in qualche modo vi ha stupito?
Delle grandi vendite, così Pagone sistema un po’ dei suoi creditori… Per quanto riguarda le reazioni, ricordiamo con stupore un vernissage al quale si presentarono una decina di pazzi che si confondevano tra gli invitati. In realtà erano venuti per sottoporsi al test di Rorschach. Uno di loro arrivò in macchina senza patente e fu prelevato dai carabinieri. Una situazione alquanto paradossale!

Un’altra parte del vostro lavoro si riconosce anche per la sua carica di denuncia. Penso ad opere come La Venere dell'immondizia, La carta igienica del critico o a 500 multe a regolad'arte . Quanto conta questo aspetto? 
C’è sempre la volontà di affacciarsi sulla realtà e nella realtà con una sorta d’ironia mista a denuncia. Non è una denuncia fine a sé stessa. Speriamo sempre che vada oltre, che lasci pensare, riflettere e  che non sia un’immagine che desti solo stupore, imbarazzo, divertimento. Insomma, che riesca ad andare oltre la prima impressione e che spinga verso nuovi interrogativi. Penso che l’arte contemporanea non debba dare risposte ma aiutare nel formulare  nuove domande, forse anche più attente, più critiche e meno banali.

E come la mettiamo con i grandi artisti, come ad esempio Pistoletto e Manzoni, da cui avete preso spunto?
Pistoletto rimase molto contento e divertito dalla nostra Venere dell'immondizia, ci fece anche i complimenti. Lo abbiamo fatto anche con un quadro di Goya per il delitto Misseri. In quel caso siamo stati anche molto criticati. Innanzitutto è una sorta di ripasso di storia dell'arte, non è mai un confronto o un paragone. E' una sorta di gemellaggio che a noi, fondamentalmente, diverte molto.

Progetti per il futuro?
A breve una collettiva intitolata Verosimile, in cui esporremo lavori della serie Rorschach e La Venere dell'immondizia. Inoltre abbiamo in cantiere due nuovi lavori a livello di installazione e performance.


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