mercoledì 30 maggio 2012

di Unknown

VideoPost | After Roma Contemporary


Si è conclusa la fiera d’arte contemporanea capitolina. Noi di Blarco abbiamo fatto un salto tra gli stand nel giorno conclusivo e in un momento di calma apparente.


L’arena dormiva sotto il sol di mezzogiorno, aperitivi privati andavano in scena tra baci e saluti di rito accanto alla sezione bookstore temporanea di Cura e Let’s Art che spacchettavano e impacchettavano cataloghi e simili. Non mancavano le gallerie e i loro cavalier galleristi, un po’ stanchi in verità, occupati in un estremo colpo di elegante fioretto ai collezionisti curiosi in cerca di buone occasione da accaparrare.

C’era anche qualche giornalista dell’ultimo minuto (d'altronde come noi), gli stand delle riviste web piene di buoni propositi, quelle non virtuali e gratuite di punta, quelle popolari e le fedelissime del cartaceo. A zonzo, tra una conferenza e l’altra, i critici omnipresenti, gli esperti, gli operatori di settore, gli studentelli appassionati e naturalmente non poteva mancare qualche artista in incognito sparso qua e là.

Giudizi? Sicuramente la sezione più interessante è stata la Start up, che riuniva le gallerie con appena cinque anni di vita.  

L’appuntamento è all’anno prossimo. Stessa ora e stesso luogo? Staremo a vedere … certo è che il Macro Testaccio ha sempre un suo invidiabile fascino.

Eccovi un video, tanto per rendere l’idea e il sapore dell’atmosfera che si respirava.


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giovedì 24 maggio 2012

di Unknown

Intervista singola alla coppia artistica Monticelli e Pagone

A. Monticelli & C. Pagone
Alessandro Monticelli e Claudio Pagone nel 1999 si uniscono con la sigla M&P. Una coppia di giovani artisti con un percorso già ricco di riscontri, frutto  della volontà sincera di fare arte. 
Li abbiamo incontrati in occasione della mostra Terrae motus. Shut out  al MU.SP.A.C. dell'Aquila. 
Se avete perso l'occasione di immergervi nei loro lavori dal sapore introspettivo soggettivo e dal retrogusto polemico quanto basta, riparate con una bella scorpacciata di "Perchè?" posti ad Alessandro che, con il beneplacido di Claudio, ha risposto alle nostre domande. Se non vi basta, guardate anche il video della mostra.


Sicuramente ve lo avranno già chiesto in mille. Ve lo domando anch’io. Chi era Alessandro Monticelli prima dell’incontro con Claudio Pagone e viceversa? Insomma, come nasce la sigla M&P?
Abbiamo intrapreso il percorso artistico singolarmente, ognuno con i propri temi, la propria tecnica, il proprio modo di vedere l’arte. Claudio trattava aspetti più figurativi, io più astratti. Pensa che abbiamo fatto il servizio militare insieme senza mai parlare di arte. In seguito ci siamo incontrati, per caso, in un magazzino indaffarati a comprare ferro, vernici ed altro materiale. Solo in quel momento abbiamo scoperto di dipingere entrambi. Così abbiamo cominciato a frequentarci attraverso l’arte. Abbiamo preso parte a diverse manifestazioni, premi, esposizioni sempre individualmente, fino a quando il confronto, le idee comuni, la reciproca contaminazione si sono trasformati in unione d’intenti. Abbiamo lasciato a poco a poco il lavoro individuale, soprattutto attraverso le installazioni e le performance, fino poi ad arrivare alle opere di pittura e scultura.

Nel panorama artistico contemporaneo, in cui spesso l’egocentrismo fa da padrone, quanto ha pesato questa vostra rinuncia al percorso individuale?
Non ha pesato molto lasciare una carriera da solista. Il tutto è avvenuto in maniera molto naturale, ci siamo resi conto che  questa cosa nuova che stava crescendo era più importante dei nostri singoli percorsi … poi destava molta curiosità il fatto di lavorare insieme.

Lavorare a quattro mani vuol dire anche mettere d’accordo due teste o, per rimanere in tema con i vostri lavori, mettere d’accordo due personalità. Quali sono i rischi e quali i vantaggi del lavorare in coppia?
Ogni opera nasce sempre dall’idea che abbiamo in quel momento, passa attraverso la matita, la macchina fotografica, il computer, il colore sulla tela… l’idea viene sviscerata sempre e completamente a 360 gradi. Noi siamo due persone completamente diverse, siamo caratterialmente opposti e per questo ci compensiamo. Devo ammettere che spesso realizzare un lavoro è davvero una bella fatica. A volte avviene in maniera più spontanea. Ad esempio può capitare che durante un viaggio in macchina per andare ad inaugurare una mostra, parlando si gettano le basi per un nuovo progetto. Il più delle volte basta un’idea e subito troviamo un punto d’incontro da cui partire.


Essendo di Sulmona come voi, mi chiedo cosa vi abbia spinto a rimanere ed aprire un vostro studio in questa città? Questa scelta cosa comporta?
Siamo nati a Sulmona e viviamo qui. Sicuramente non è il posto ideale per fare arte e questo vale soprattutto per l’arte contemporanea. Ma in realtà credo che non esista un luogo ideale, esiste forse un luogo mentale che non si calpesta e che non ha un nome. Qui è molto più facile, dal punto di vista pratico, avere uno studio. Forse, non vorrei peccare di presunzione, se avessimo scelto di spostarci ed aprire uno studio altrove, ad esempio a Roma o Milano, oggi ci troveremmo su un altro piano. Forse in questo paghiamo lo scotto del piccolo paese, in cui non hai la facilità di incontri e contatti delle grandi città.

Dal punto di vista tecnico ho notato che non avete una predilezione per un unico linguaggio, vi muovete senza difficoltà dalla tela alla fotografia, al video, alla performance ed installazione. Quanto conta per voi la parte tecnica di un lavoro?
Per noi è il mezzo che giustifica il fine. La tecnica è la strada principale del messaggio, la visione alla lettura del lavoro ne è condizionata.

Terrae Motus. Shut Out – Chiusi Fuori  è la mostra in corso al MU.SP.A.C. in questi giorni. Cosa ha significato per voi esporre in una città come L’Aquila?
L’arte quando si occupa degli eventi reali non lo fa mai banalmente ma sempre con un occhio molto originale, particolare, ed è quello che ci piace di più nel fare arte: esternare gli avvenimenti con un punto di vista nuovo ed inedito. L’arte contemporanea non è seguita dal grande pubblico. In questo caso una mostra sul terremoto rappresenta anche un’occasione per avvicinare il pubblico all’arte, tramite una tematica comune. Naturalmente c’è anche un altro fattore fondamentale da considerare: la forza terapeutica dell’arte in occasioni tragiche. Basti pensare in questo senso all’iniziativa di un grande personaggio come Lucio Amelio con la collezione Terrae Motus, nata in occasione del terremoto in Irpinia. Si tratta di segnali forti che arrivano dalla cultura.


Perché per la mostra all’Aquila avete scelto proprio la serie che riflette sull'identità prendendo spunto dalle macchie di Rorschach?  
Questa serie è quella che ci porta un po’ in giro per l’Italia. E’ come se fosse un tema fisso dal quale poi ogni volta svisceriamo una parte specifica. E’ una serie di per sé ambivalente. L’ambiguità di questi lavori si può anteporre o posporre ad ogni nuova situazione, ma senza alcun tipo di forzatura. Nel caso della mostra al MU.SP.A.C., abbiamo deciso di presentare la serie Rorschach con un accento un po’ tragico, con uno sguardo ambiguo, non chiaro; essendo questa la matrice stessa di questi lavori. Anche perchè ambiguo e subdolo è un terremoto che ti colpisce alle tre di notte e non ti dà modo di reagire. Inoltre da un evento così tragico salgono a galla tutte le doppiezze, le situazioni che in una realtà tranquilla è sempre difficile percepire. Shut out – chiusi fuori è questo: una realtà in cui non riesci più ad entrare, ma che inizialmente era la tua.

I test di Rorschach ruotano attorno alle risposte dell’individuo, risposte soggettive a stimoli comuni. Cosa vi aspettate dal vostro pubblico quando fate delle mostre? C’è mai stata qualche reazione che non avevate previsto e che in qualche modo vi ha stupito?
Delle grandi vendite, così Pagone sistema un po’ dei suoi creditori… Per quanto riguarda le reazioni, ricordiamo con stupore un vernissage al quale si presentarono una decina di pazzi che si confondevano tra gli invitati. In realtà erano venuti per sottoporsi al test di Rorschach. Uno di loro arrivò in macchina senza patente e fu prelevato dai carabinieri. Una situazione alquanto paradossale!

Un’altra parte del vostro lavoro si riconosce anche per la sua carica di denuncia. Penso ad opere come La Venere dell'immondizia, La carta igienica del critico o a 500 multe a regolad'arte . Quanto conta questo aspetto? 
C’è sempre la volontà di affacciarsi sulla realtà e nella realtà con una sorta d’ironia mista a denuncia. Non è una denuncia fine a sé stessa. Speriamo sempre che vada oltre, che lasci pensare, riflettere e  che non sia un’immagine che desti solo stupore, imbarazzo, divertimento. Insomma, che riesca ad andare oltre la prima impressione e che spinga verso nuovi interrogativi. Penso che l’arte contemporanea non debba dare risposte ma aiutare nel formulare  nuove domande, forse anche più attente, più critiche e meno banali.

E come la mettiamo con i grandi artisti, come ad esempio Pistoletto e Manzoni, da cui avete preso spunto?
Pistoletto rimase molto contento e divertito dalla nostra Venere dell'immondizia, ci fece anche i complimenti. Lo abbiamo fatto anche con un quadro di Goya per il delitto Misseri. In quel caso siamo stati anche molto criticati. Innanzitutto è una sorta di ripasso di storia dell'arte, non è mai un confronto o un paragone. E' una sorta di gemellaggio che a noi, fondamentalmente, diverte molto.

Progetti per il futuro?
A breve una collettiva intitolata Verosimile, in cui esporremo lavori della serie Rorschach e La Venere dell'immondizia. Inoltre abbiamo in cantiere due nuovi lavori a livello di installazione e performance.


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sabato 14 aprile 2012

di Unknown

A metà tra cielo e terra con Maia Flore


Sleep Elevations -Artothèque

Da bambina il mio film preferito era sicuramente Mary Poppins, rimanevo a bocca aperta quando con il suo cappottino nero ed il suo cappello pieno di fiori, tra un’incipriata ed un’aggiustatina al parrucco, con molta e femminile nonchalance, scendeva tra i tetti sorretta da un leggerissimo ombrello che da semplice oggetto di riparo si trasformava in magico paracadute.

Maia Flore, l’artista che espone la sua prima serie fotografica “Sleep Elevations” all’Artotheque di Roma, di magici paracaduti ce ne suggerisce a volontà: velieri a galla nell’aria, stoffe leggiadre, palloncini muticolore, altalene di legno e mongolfiere a strisce incatenate in trame di corda.

Le giovani ragazze dal volto coperto, tutte interpretate dall’artista stessa, si abbandonano alle contraddizioni della suprema legge di gravità, a metà tra sonno e risveglio, in bilico tra l’ascesa e la discesa.

La poesia di Miss Poppins, che lievitava sui cieli di Londra, qui va in scena in paesaggi orizzontali in cui il cielo lascia un po’ di spazio alla terra, tanto quanto basta per collocare l’eroina leggiadra dei sogni della Flore in atmosfere sempre nuove: dal candore dell’Islanda al color grigio cemento dei tetti parigini.

Per la Poppins bastava un supercalifragilistichespiralidoso, per la Flore un gioco di sovrapposizioni fotografiche e l’incantesimo è presto fatto!

Maia Flore è nata nel 1988 in Francia, a Montauban. Attualmente vive e lavora a Parigi dopo aver vissuto in Islanda e in Svezia, due paesi in cui la fotografia contemporanea ed i particolari studi della luce che questa comporta, hanno lasciato una viva traccia nella sua opera.

Se vi va di tornare un po’ bambini, nel mondo dell’immaginario in cui anche un corpo può lievitare da terra con la facilità con cui un gabbiano spicca il volo, vi consiglio vivamente questa mostra in corso a via Margutta numero 85. Avete tempo fino al 10 maggio. Volate!

Per maggiori info sull'artista www.maiaflore.com
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venerdì 13 aprile 2012

di Unknown

VideoPost | New York secondo Hugues Roussel

New York attraverso l'obiettivo e le sovrapposizioni sapienti e calibrate di Hugues Roussel ci appare in una veste nuova, una sorta di giungla urbana.
Il Financial District, con le sue architetture e profili svettanti, accoglie sovrapposizioni inaspettate di arbusti e chiome nude del Central Park.

Il bianco e nero rende il paesaggio uniforme, palesa il medium ed accorda i contrasti tra i due luoghi dalle geometrie opposte. Un ordine imprevisto ed una visione inedita raccontano di una città diversa: è New York nei giorni che precedono l'elezione di Obama, in uno stato di attesa e rinascita rispetto alla devastante crisi finanziaria.

Per perdervi nella bellezza e nella sensazione di attesa mista a speranza degli scatti di Roussel, avete tempo un mese. La mostra Inverse landscape New York # Jungle city, a cura delle giovanissime Roberta Palma e Qamile Sterna, ha inaugurato ieri nella Galleria Ugo Ferranti di Roma.

Eccovi una breve presentazione della mostra da parte dell'artista stesso.

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giovedì 12 aprile 2012

di Unknown

Tutti a Milano per il Miart!

Da domani e fino al 15 aprile, l'arte va in scena al Miart, la kermesse di arte moderna e contemporanea all'ombra della Madonnina, giunta alla sua diciassettesima edizione, quest'anno diretta dal critico tedesco Frank Boehm.

Per quest'anno cadono i muri temporali che dividevano il già vecchio dal nuovissimo e l'arte del '900 sarà esibita in un face to face con l'arte contemporanea. 

Le gallerie accolte negli stand saranno ben 92, la maggior parte italiane. Nelle mostre monografiche saranno visibili opere di artisti importantissimi, tra cui Renato Birolli, Mimmo Rotella, Warhol, Walter De Maria.  Pittura, scultura, performance, fotografia e video tutti in pasto al pubblico curioso ed ai collezionisti desiderosi di alleggerire le proprie tasche con investimenti dal sapore non solo economico.
Da non perdere poi la sezione dedicata alla fotografia e i nuovi media, quella speciale "Emergent" per i giovani talenti e la sezione "Special Project" per i progetti curatoriali.


Il Miart, insieme ad altre innumerevoli fiere di settore, segna l'andamento del mercato in fatto di arte, che malgrado il tempo di crisi onnipresente, si mantiene a galla.


Gli artisti in vetrina nel complesso saranno più di 500.
E allora uno, due... Miart! Si parte!
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sabato 31 marzo 2012

di Unknown

Collezionisti "a tempo determinato" all'Artothèque de Rome in via Margutta 85


Berlino, Parigi e New York già conoscono la formula originale dell'Artothèque
A Roma è approdata dal dicembre scorso, in una galleria sita in via Margutta numero 85, grazie all'impegno della francese Sabine Oberti .
Vi starete chiedendo cosa sia questa Artothèque. Cominciamo con il dirvi che non si tratta  della solita galleria d'arte con il suo team di artisti affiliati e la brama di vendere a collezionisti incalliti.


Qui i malati di sana possessività compulsiva sono out.
J. Dine
O meglio, possono anche loro partecipare al meccanismo, ma con una piccola clausola: le opere non sono in vendita a cifre esorbitanti ma in affitto ed a spese modiche, anche quando si ha a che fare con un Pinocchio firmato Jim Dine.

Come ci ha spiegato personalmente la direttrice della galleria romana, il nuovo concetto ha l'obiettivo di rendere l'arte accessibile a tutti e di far girare le opere tra i propri associati, in modo da moltiplicare la loro conoscenza e la loro sensibilità verso l'arte contemporanea.

La galleria vuol essere un punto di incontro e scambio continuo, in questo senso molto simile al funzionamento delle biblioteche: è sufficiente iscriversi all'associazione, tramite il pagamento di una quota annua e la sottoscrizione delle condizioni generali, per prendere in prestito ogni tre mesi un'opera d'arte tra quelle disponibili della collezione, scelte accuratamente da un comitato di esperti. 

L'opera verrà consegnata a casa vostra o nella vostra azienda ed allo scadere del periodo di prestito, dopo averla guardata, osservata, vissuta, riflettuta, presentata ai vostri amici e chiacchierata, verrà ritirata e se vi va barattata con una tutta nuova. E forse - se è vero il detto che "si comprende il vero valore di una cosa solo quando la si perde" - solo allora ne comprenderete a pieno il potenziale artistico. 

M. Flore
Una linea che combina la leggibilità dell'opera alla scoperta di nuovi talenti internazionali. 

Divertente no? 
Sarà un po' come avere una galleria personale nel proprio salotto, in cui ospiterete un artista dietro l'altro e tra un'opera e l'altra vi ritroverete ad essere sempre più appassionati e sensibili nei confronti dei nuovi linguaggi artistici.
Farete parte di un meccanismo che anzichè imbrigliarvi in contratti e legami a vita, sprigionerà emozioni e sensazioni di volta in volta sempre nuovi.

Strano... in un periodo in cui il lavoro a tempo determinato per noi giovani sembra una condanna a cui, più nolenti che volenti, dobbiamo abituarci... l''idea di "collezionista a tempo determinato" per un'opera d'arte ci piace! Auguriamo a Sabine di trovare larghi consensi e riscontri anche qui in Italia.

Curiosi? Allora non vi resta che fare un salto nella galleria, magari in occasione della prima mostra che inaugurerà il 4 aprile dal titolo 'Sleep Elevations', un ciclo di fotografie della giovane artista francese Maia Flore.

Per saperne di più visitate il sito della galleria.

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mercoledì 21 marzo 2012

di Unknown

VideoPost | Il metodo Abramovic al Pac di Milano

Per la prima volta la regina della performance e body art Marina Abramovic esce di scena per far largo al pubblico.

Siamo al PAC di Milano, all'anteprima della mostra evento che inaugura oggi 21 marzo, ma già presentata domenica ad un gruppo di eletti - adepti del nuovo "Abramovic method" in cui l'artista sparisce per lasciare il suo pubblico in pasto ad emozioni e sensazioni pure.
Una carrellata di azioni in cui lo spettatore attore si immerge, lascia fuori di sé il piacere voyeuristico dell'arte e lo sostituisce con un' esperienza vissuta in prima persona.

La mostra sarà al PAC da oggi 21 marzo al 10 giugno. Chi può non la perda assolutamente!
Eccovi un video dall'anteprima.


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