mercoledì 3 ottobre 2012

di Unknown

Intelligenza collettiva delle formiche e modelli di crescita sociale ed economica. Rapporto di Luana Perilli

La prima, la più grande, era stata esposta al MACRO Testaccio di Roma, nella mostra Re-generation. Ora la seconda, di dimensioni più ridotte, campeggia nel centro della romana The Gallery Apart per la mostra 108 (spontaneous collective in thoughtless awareness).

Luana Perilli, 108
 The Gallery Apart

Si tratta di teche in vetro contenenti ecosistemi improbabili ma reali. Mondi a parte in cui mobili dal design anni '50 fungono da nidi per colonie di formiche tessitrici. A realizzarle è Luana Perilli, artista romana  mai scontata e sempre inaspettatamente diversa da se stessa. 
L'avevamo conosciuta sempre presso il MACRO, questa volta nella sede di via Nizza, con l'affascinante intreccio emotivo di The man of the Season, un video nato dalla riflessione sullo schema proppiano della fiaba. 

Luana Perilli, 108
 The Gallery Apart

Ora l'analisi invece coinvolge la sociobiologia, approfondendo in chiave artistico scientifico modelli eusociali di animali, in particolar modo quello della formica. Partendo dall'intelligenza collettiva che contraddistingue l'insetto meglio conosciuto dall'uomo, la critica si rivolge all'attuale crisi dei modelli di crescita sociale ed economica.

Luana Perilli, 108
 The Gallery Apart
(frame dal video)

Come sempre l'approccio alla materia avviene per vie diverse ma tutte collegate tra loro: dalle teche installazioni agli studi svolti su fogli di quaderno, dagli appunti grafici sul design al video spot degli anni '50 montato su un sottofondo tipico di Bollywood.

Luana Perilli? Artista da tenere sott'occhio!

Per maggiori info sulla mostra eccovi un link

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martedì 2 ottobre 2012

di Unknown

Richard Artschwager da Gagosian Gallery

Nome impronunciabile dell'artista e arte altrettanto difficile da favellare. Ma ci proviamo. 
Certo non ci aiuta la mostra presso Gagosian Gallery, come sempre molto molto minimal, ma se non altro in linea con l'artista che espone.

Richard Artschwager, Gagosian Gallery, Roma

Cominciamo con qualche informazione sull'artista. Richard Artschwager, un destino già tutto nel cognome, statunitense, classe 1923, nasce a Washington ma vive e lavora a New York. Ha mosso i suoi primi passi nel mondo dell'arte intorno ai primi anni '50, proprio mentre la Pop Art e la Minimal Art mettevano definitivamente KO il concetto di arte unica e irripetibile.
Il suo lavoro è stato spesso ricollegato alle due correnti artistiche, alla Pop Art per la funzionalità degli oggetti e per l'uso di materiali commerciali e industriali; alla Minimal Art per il suo linguaggio geometrico e asciutto. Ma le due correnti non sono sufficienti per spiegare la sua ricerca poliedrica e zeppa di rimandi. 

Richard Artschwager, Gagosian Gallery, Roma

Procediamo dunque per punti.

Arredamento d'interni: I suoi lavori sono un ibrido tra mobili di design e sculture vere e proprie.
Materiali sintetitici:i suoi preferiti sono fòrmica e celotex.
Punti escamativi, interrogativi e parentesi: sicuramente vi sarete già imbattuti in queste sculture, gigantografie 3D dei segni di interpunzione, riprodotti con materiali morbidi o solidi. 

Nella mostra di Roma Artschwager riprende un filo concettuale iniziato con Piano (1965). Come scritto nel comunicato stampa "gli straordinari pianoforti di Artschwager sostengono una confusione attentamente orchestrata tra pittura e scultura e ci ricordano che siamo nel regno dell'arte e non nella realtà".

Richard Artschwager, Piano Malevich, 2012
(Courtesy Gagosian Gallery)

La musica e le sue partiture entrano nel mondo di quest'artista per essere scompaginate con variazioni minime. Ad esempio i tasti bianchi, riprodotti sui parallelepipedi ricoperti in formica, hanno dimensioni diverse (fa, sol e la sono più grandi rispetto a do, re, mi e si); i pedali dei pianoforti ora sono tre, ora due. Tanto quanto basta per fuorviarci ancora una volta.
Sempre dal comunicato stampa: "Nel sorprendente universo metaforico di Artschwager, nulla è mai soltanto un'unica cosa (...) un pianoforte è al tempo stesso un mobile, una scultura e un'immagine".

Il suo lavoro è sempre rimasto ancorato all'ambiguità della percezione, nell'interazione tra osservazione e illusione. Oggetti solo apparentemente riconoscibili che stuzzicano i piani dello sguardo e della mente.
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venerdì 21 settembre 2012

di Unknown

Il caso Vivian Maier, la nanny fotografa arriva a Brescia

Vivian Maier
Immigrata dalla Francia agli Usa negli anni Trenta, single, cattolica, esile e un po' mascolina, faceva da baby sitter a tre rampolli di buona famiglia. 
E' più o meno questo tutto ciò che si sa di Vivian Maier e fin qui una storia qualunque. 

Avete presente le migliaia di ragazze oggi in giro per il mondo, armate di Reflex al collo come fossero collane portafortuna, a fare foto in ogni angolo della città?
Bene, immaginatela così quest'eroina dello scatto sconosciuta a tutti i manuali di storia della fotografia. Possedeva una Rolleiflex, amava il formato 6x6, tanto per la cronaca il formato preferito da Diane Arbuse, e nelle pause lavoro si divertiva a fotografare vetrine, volti, mocciosi, signorine, smorfie, scorci architettonici, con una maestria innata.
Ma siamo negli anni Cinquanta e le sue foto anziché finire in una pagina Facebook, come oggi, o su un portfolio da consegnare a critici e galleristi, finiranno tutte in un cassetto, quello in cui si rilegano passioni e passatempi che non ambiscono a glorie.

Ma la gloria, per uno scherzo del destino, per miracolo o meritocrazia tardiva, mettetela come volete voi, arriva alla sua porta.
Nel 2009 un certo John Maloof, agente  immobiliare ventiseienne dell'Illinois, amatore della vita e storia locale, compra uno stock di vecchi negativi messi all'asta dall'allora ottantottenne Vivian per pagare i suoi debiti. Incuriosito ne stampa alcuni e scopre un mondo in bianco e nero degno dell'obiettivo di un Abbott o di un Evans.

Nel frattempo la nanny fotografa muore e John acquista altri negativi, in tutto 100 mila, mette una selezione di foto su Flickr e grazie al crowdfounding gira un documentario su questa storia dal titolo Finding Vivian Maier.


Sembra la sceneggiatura di un film, invece è tutto vero e oggi le foto della Maier sono già state esposte in diverse gallerie negli Stati Uniti e in Europa, nel London Photography Festival, ad Amsterdam, Monaco, Oslo e Copenhagen. 
Dal 29 settembre approdano anche in Italia, in una mostra dal titolo Vivian Maier, lo sguardo nascosto, presso la Galleria dell'incisione di Brescia, in cui una selezione inedita del lavoro di Vivian Maier approfondisce i temi dell'infanzia e dell'autoritratto. 
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di Unknown

L'immagine del tempo e della fisica dai Muse a Nicolai Carsten

Muse
(photo link)
Quando ascolto i Muse, con il loro tocco apparentemente minimal e al contempo esplosivo, immagino un'arte visiva fatta di suoni e luci, in cui la fisica svela l'immagine elementare delle sue leggi, la scienza fa esplodere tutte le sue provette multicolore e gli acuti di Matthew Bellamy si perdono nell'aria.
Il nuovo disco del gruppo, The 2nd Law, uscirà il 2 ottobre prossimo.

Carsten Nicolai
(photo link)
Nel frattempo mi godo la visione, anche questa solo apparentemente minimal, di Nicolai Carsten, inaugurata ieri presso l'Hangar Bicocca di Milano. La ricerca portata avanti dall'artista tedesco sul piano visivo, mi ricorda molto da vicino quella del trio inglese sul piano musicale. 

50 metri di luci e suoni per dar vita ad un'esperienza personale e infinita. Lo spettatore è a tu per tu con l'immagine del tempo che prende forma, colore, luce e ritmo nell'installazione Unidisplay. L'opera consiste in un'unica parete - display audiovisiva, agli angoli due muri specchianti su cui le immagini si riproducono all'infinito, tutto grazie all'elaborazione delle forme tramite software all'avanguardia, capaci di attribuire segni e colori alla scomposizione del suono. Non a caso anche Nicolai è musicista e la sua ricerca si muove tra musica elettronica e immagini, ricerca scientifica e sperimentazione.

Ancora una volta il confine tra musica e arte visiva si fa magicamente evanescente. In entrambi i casi il risultato diviene pura poesia che, scavalcando udito e vista, arriva a toccare corde più profonde della percezione.

Carsten Nicolai, Unidisplay, Hangar Bicocca
(photo link)
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giovedì 20 settembre 2012

di Unknown

VideoPost | 45 Art. Connubio perfetto tra arte e musica

Solo grazie a questa mostra di Cover Art, in corso al PAN di Napoli, ho scoperto che la musica e l'arte hanno in comune molto più di quanto si creda.

P. Smith e R. Mapplethorpe
(photo by  http://www.gqitalia.it/)
Un esempio? 
Grazie a questa mostra ho scoperto il magico legame tra la cantante Patti Smith e il fotografo Robert Mapplethorpe

Per chi volesse saperne di più a riguardo è vivamente consigliato Just Kids, il libro in cui lei racconta della loro amicizia. La loro complicità vien fuori dalla famosa copertina del primo album di Patti, Horses, del 1975, una foto che Mapplethorpe le fece senza luci, senza assistenti, soli in una stanza lei e lui. Ma questa è solo una delle tante cover e storie che raccontano l'intreccio tra le due arti e le loro reciproche evoluzioni. Jazz, Rock e Pop veicolati da artisti sempre diversi: Andy Warhol e Roy Lichtenstein, per l’ equilibrio forma-colore, Keith Haring e Banksy per la graffiti art, Guido Crepax e Frank Kozic per il fumetto, il già citato Robert MapplethorpeAnton Corbijn per la fotografia, Hipgnosis e Peter Saville per la grafica. E poi Salvador Dalì, Damien Hirst, Andrea Pazienza, HugoPratt, Jim Flora, John HolstromCharles Burns e altri ancora. 
Il connubio perfetto tra arte e musica è tutto in 45 Art, l'Arte a 45 giri, una mostra da non perdere, avete tempo fino al 30 settembre. 

Eccovi un video della mostra, per maggiori info vi rimandiamo al sito.

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mercoledì 19 settembre 2012

di Unknown

VideoPost | "Fare arte a Scampia" e... metterla in mostra al PAN di Napoli

"Fare arte a Scampia" è una collettiva di arte contemporanea in mostra dal 15 al 30 settembre presso il PAN Palazzo delle Arti di Napoli.  37 artisti provenienti da Cina, Croazia, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, India, Romania, Spagna e Italia hanno preso parte al Simposio Internazionale d'Arte organizzato dalla Cooperativa Occhi Aperti da luglio 2008 a luglio 2012 nel cuore di Scampia. Le opere in mostra, frutto della collaborazione tra artisti e residenti del noto quartiere napoletano, evidenziano l'importanza dell'arte e dei suoi linguaggi, il suo sapersi muovere e stabilire legami entro confini problematici. In realtà spesso dimenticate o alla ribalta solo per eventi negativi, l'arte crea connubi, relazioni e scambi inaspettati, capaci di superare i pregiudizi e dar vita alla bellezza.


Così Enrico Muller descrive il meccanismo magico del progetto: 
"L'incontro ha fatto sgorgare il "desiderio" di ciascuno e ciascuna per la vocazione universale dell'arte: la gente è stata toccata nel cuore e ha permesso che una nuova comunicazione avvenisse, che le culture s'incontrassero, le lingue si mischiassero, che si stesse insieme dentro l'arte e dentro il Mistero della comune umanità. Le artiste e gli artisti, a loro volta, si sono lasciati toccare i cuori e hanno permesso che fosse Scampia a inebriarli e a far sì che le loro opere fossero come sbocciate dal quartiere stesso"
Eccovi un video della mostra in corso ma vi invitiamo ad andare di persona a vedere, molte delle opere sono davvero interessanti. In più vi segnaliamo il sito della Cooperativa Occhi Aperti, dove scoprirete una faccia diversa di Scampia, più colorata e meno grigia.

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mercoledì 12 settembre 2012

di Unknown

Maurizio Savini e la scultura in chewing gum

Maurizio Savini
(photo by Romaprovinciacreativa)
Quando sembra tutto fatto e sperimentato ecco che un materiale nuovo fa la sua comparsa nel mondo dell'arte. E noi rimaniamo lì a bocca aperta, sguardo incredulo e sorriso sarcastico. Più o meno è così che mi sono sentita quando per la prima volta ho visto dal vivo una scultura realizzata da Maurizio Savini.  
Fino a quel momento ho sempre considerato la Big Babol come nient'altro che panna e fragola compresse in un mini cubetto dal colore pop e dall'inconfondibile aroma dolciastro. Unica azione possibile: masticare.
Savini invece, fin dal 1997, ha scoperto e sperimentato le doti di questo particolarissimo chewing gum, eleggendolo suo imprescindibile materiale scultoreo.

I suoi lavori hanno tutti un'anima in fibra di vetro, poi ricoperta tramite la gomma da masticare. Ma l'arte saviniana non si riduce a mero tecnicismo, anche se in un primo momento è ciò che più colpisce.
La sua ricerca si muove su un doppio binario: la sperimentazione pratica si sovrappone e sottostà ad una critica che è prima di tutto rivolta all'uomo e alla società. Le sue sculture sono tribù rosa di animali in estinzione, personaggi in azioni quasi oniriche e oggetti d'uso comune. Un mix per riflettere su ecologia, consumismo e contraddizioni uomo/società.

La scoperta del materiale è avvenuta per caso ma nel momento giusto: proprio mentre Savino era alla ricerca di un materiale che fosse contemporaneo, duttile e di colore rosa. Ecco che il tabaccaio sotto casa getta via cinque confezioni di gomma da masticare e lui le trova.

Una storia che ha il sapore Dada e Pop, oltre che di fragola. 

M. Savini, Uomo fluttuante

M. Savini, Orso
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