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domenica 3 aprile 2011

di Unknown

Dall'energia della terra all'energia dell'arte

S. Limonta, Gravity one
Nell'estate del 2010, ad un anno dal sisma che ha colpito l'Aquila, girovagando nell'appena riaperto centro storico, tra cataste di macerie mal nascoste e qualche locale riaperto da poco, mi si presentò in tutto il suo frastuono un'installazione sonora dello scultore Sergio Limonta che in qualche modo esorcizzava l'accaduto attraverso una babele di suoni, echi della transitorietà delle cose e delle persone. 
Continuando a camminare, trovai sotto i portici, tra impalcature e strade sbarrate, una bella mostra fotografica.
In quell'occasione mi resi conto di come l'arte, tra le sue molteplici capacità, abbia anche quella di metabolizzare gli eventi anche più catastrofici, restituendone una lettura inedita.
Lo stesso effetto l'ho sortito tra le stanze degli appartamenti reali della Reggia di Caserta, dove tra consolle, busti in alabastro, lampadari in bronzo dorato, affreschi, vedute settecentesche ed altri arredi fastosi del '700/'800, ho trovato un'originale e importante collezione d'arte contemporanea. Mi riferisco alla collezione Terrae Motus, raccolta di opere d'arte sbocciate, inaspettatamente, da un altro evento sismico.
  "Si doveva rispondere all'evento catastrofico, c'era dell'energia nell'arte, tanta energia da potersi contrapporre a quella scatenata dalla terra"
Con questi propositi il gallerista Lucio Amelio decise di dare il proprio contributo in occasione del devastante terremoto che ha colpito l'Irpinia nel novembre del 1980, invitando una serie di artisti a vivere in prima persona la realtà territoriale e sociale del dopo terremoto. Da questo nobile intento ne nasce una collezione davvero prestigiosa, ultimamente poi tornata alla ribalta grazie ad una mostra dal titolo Terrae motus, trent'anni dopo. Attualità di una collezione, occasione in cui si è pensato ad un nuovo percorso espositivo, a carattere geografico, in relazione alla nazionalità degli autori. 
La scelta del nuovo allestimento è dettata dal fatto che negli anni in cui la collezione prende corpo, si sviluppano una serie di fenomeni artistici caratterizzati per lo più per aree geografiche e con connotazioni che a volte sono marcatamente regionaliste, come i nuovi selvaggi in Germania, la transavanguardia in Italia, i graffitisti e il realismo neo-espressionista americano.
Nella Sala degli Alabardieri la prima opera che si incontra è "Fate presto" di Andy Wharol, un trittico che riproduce la prima pagina del quotidiano "Il Mattino" del 26 novembre 1980, all'indomani dell sisma. Il maestro pop mette in risalto il potere mediatico ma estraniante di un giornale e ne amplifica l'effetto trasformando una richiesta d'aiuto in un manifesto del dolore. L'accento drammatico è dato grazie all'uso dei toni del bianco e del nero.

A. Wharol, Fate presto
Nella sala delle Guardie del Corpo è esposta l'opera più famosa di Keith Haring, "Senza titolo" in cui le immagini e i segni che affollano la composizione rendono l'idea della violenza e aggressività con cui la natura rompe la falsa quiete umana.

K. Haring, Senza titolo
Nella Sala di Alessandro l'istallazione in metallo assemblato dal titolo "West-ho Go (Glut)" di Robert Raushenberg.

R. Rauschemberg, West-ho Go


Il percorso poi continua e si snoda attraverso le sale degli Appartamenti Storici.
Partendo da alcuni autori americani si passa al nutrito gruppo italiano in cui colpisce, oltre alla nota "Italia Porta" di Luciano Fabbro, l'opera di Michelangelo Pistoletto "Annunciazione Terrae motus", una serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio, in cui una donna ed uomo, contemplando l'impossibilità di raggiungersi, raffigurano metaforicamente l'impossibilità di prevenire una catastrofe, la cui imprevedibilità è ribadita anche dall'abbigliamento della donna.

L. Fabbro, Italia porta

M. Pistoletto, Annunciazione Terrae motus
La Spagna è rappresentata dal lavoro di Barcelò mentre tra gli autori tedeschi che seguono è l'opera esplicita e letterale di Anselm Kiefer "Et la terre tremble ancore, d'avoir vu la fuite des géants" che attraverso la qualità ed il peso materico esprime l'energia della terra. Il percorso si conclude con i francesi, e gli artisti inglesi.

A. Kiefer, Et la terre tremble ancore, d'avoir vu la fuite des géants
Il bello dell'arte è che quando è chiamata ad intervenire, reagisce e trasforma i fatti da cui prende spunto da soggettivi e particolari ad universali ed umani. Tutte queste opere che in comune hanno il ricordo vivo del dramma, svelano una dopo l'altra la fragilità dell'uomo.


Per info visitate il sito:
http://www.ambientece.arti.beniculturali.it/reggia/terraemotus/indice.html
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